Gazzetta di Modena

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Il Ratto d’Europa/L’intervista a Glauco Maria Cantarella

Il Ratto d’Europa/L’intervista a Glauco Maria Cantarella

Curiosità dai laboratori modenesi, pillole di saggezza da tutta Europa, video-inchieste, memorie e notizie dal continente, cartoline, immagini, lettere e tanto altro in attesa del debutto al Teatro Storchi
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02 maggio 2013
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Curiosità dai laboratori modenesi, pillole di saggezza da tutta Europa, video-inchieste, memorie e notizie dal continente, cartoline, immagini, lettere e aggiornamenti dagli amici romani, tutto ciò e non solo dalle pagine virtuali di questo focus! Una diretta non-stop, sull'on-line della «Gazzetta di Modena», per raccontare passo dopo passo Il ratto d'Europa! Spulceremo qua e là dal lungo cammino che, di tappa in tappa, come di iniziativa in iniziativa, porterà i modenesi a confrontarsi con l'idea di Europa, per cercar di capire quanto e se ci sentiamo cittadini del vecchio continente. Sempre in bilico tra il serio e il faceto, per chi attivamente partecipa come per chi preferisce dare giusto un'occhiata, sarà comunque un divertente percorso da fare in compagnia. L'arrivo? A maggio, col debutto dello spettacolo al Teatro Storchi. Per celebrare insieme la festa d’Europa, per tracciare il bilancio del nostro cammino e poi… chissà?

SULLE TRACCE DELL'IDEA DI EUROPA

Intervista a Glauco Maria Cantarella

Inchieste del Ratto, aprile 2013

 

A poche settimane dal fatidico 9 maggio, Festa dell’Europa e data del debutto del Ratto

d’Europa al Teatro Storchi di Modena, il team delle Inchieste del Ratto ha deciso di fare un salto

indietro di alcuni secoli alla ricerca dell’idea di Europa, con l’aiuto del professor Glauco Maria

Cantarella, docente di Storia dell’Europa medievale all’Università di Bologna.

Professor Cantarella, iniziamo con una domanda difficile: quando nasce l’Europa?

 

L’«Europa» di oggi, quella che ci è familiare e quotidiana, è un frutto del Novecento, maturato

attraverso un drammatico cammino politico dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’idea di Europa

in sé, invece, nasce nel medioevo: vale a dire, l’Europa come dimensione geografica e culturale. È

nel medioevo che si possono collocare le radici d’Europa. Nell’antichità classica e durante i molti

secoli dell’Impero Romano, «Europa» era stata solo una espressione geografica, caratterizzata da

confini piuttosto variabili e comunque costituita per differenze: con l’Asia soprattutto, e in ogni

caso con qualunque altra entità geografica abitata da chi non era greco o romano. Ovviamente con

ciò si intendeva: qui gli uomini e i governi migliori, che hanno conquistato il mondo, lì gli uomini

per natura servili e barbari, che non hanno saputo difendere la loro libertà.

E nel medioevo?

 

Innanzitutto c’è uno spostamento di piani verso l’Occidente. Forse anche perché la parte

occidentale dell’impero viene riorganizzata profondamente fra III e IV secolo. Sta di fatto che

l’Occidente assume un ruolo che non perderà più: papa Gregorio I, negli anni di passaggio fra i

secoli VI e VII, chiama «Europa» la porzione di mondo che i bizantini hanno lasciato in mano ai

barbari e che dunque non sono degni di rivendicare più perché non sono stati capaci di difenderla:

l’Occidente, insomma. Non è detto che essa fosse caratterizzata dal cristianesimo; nel 732, quando

i franchi di Carlo Martello respinsero un’incursione degli arabi di Spagna nella famosa e forse

mai combattuta battaglia di Poitiers, si parlò di «europei» (di Europeenses) in contrapposizione

agli «arabi» in senso geografico e senza le connotazioni religiose che vi si sono volute vedere dal

secolo XVIII in poi.

Europa versus arabi ed Europa versus Impero Romano d’Oriente: ancora una volta una

definizione «per contrasto»…

 

Il problema magari risiede nel fatto che l’Europa, dal punto di vista geografico, è abbastanza

incerta: è un subcontinente, dove inizia e dove finisce? L’Oceano Atlantico è la sua frontiera o il

suo confine? E il suo confine, fin dove sfuma? E a Oriente? Le testimonianze medievali in merito

al termine «Europa» non sono, alla fine dei conti, così frequenti, eppure esso si arricchisce di

significati che si modificano in continuazione.

Per esempio?

 

Per esempio in età carolingia esso coincide con l’area dell’impero dei franchi. Con il consenso

del papa, rinnovatore della gloria dei romani (ma i bizantini non sono affatto d’accordo!

) l’imperatore è il «padre dell’Europa», che va dal Mare del Nord a Benevento, da Vienna a

Barcellona. E che è caratterizzata da una relativa uniformità di istituzioni, tanto in campo laico

come in quello ecclesiastico.

Che margine di sovrapposizione c’è tra Europa e mondo cristiano?

Le fonti non ci autorizzano ad identificarli, se non a patto della sovrainterpretazione (come

è accaduto per uno dei pretesi sermoni pronunciati a Clermont nel 1095 da papa Urbano II per

bandire la I Crociata, in realtà opera di Guglielmo di Malmesbury, un monaco al servizio della

corona inglese). E comunque «cristiano» non significa necessariamente «romano» o «cattolico».

Nel 1332 un frate domenicano scrive: «Sono molti i popoli cristiani dell’Europa, e di diverse

lingue, che pure non camminano con noi nella fede e nella dottrina». Questa è una testimonianza

eccezionale, perché proviene dall’Ordine che forniva gli uomini e le strutture per combattere le

eresie (ne sapevano qualcosa anche i Francescani...), dunque è per così dire una fonte militante e

che ha il polso della situazione effettiva: e deve riconoscere che l’«Europa» è più vasta dell’area

dell’osservanza cattolica. Senza dimenticare il fatto che le regioni sulle coste del Baltico (Estonia,

Lettonia, Lituania) sono francamente pagane e lo resteranno fin quasi alla metà del secolo XV.

E da allora l’«Europa» continuerà ad «espandersi»?

 

Forse non c’è un «da allora»... Continuerà ad espandersi o a essere riformulata costantemente.

A mano a mano che le mire e le conquiste dei suoi re e dei suoi popoli si estendono, e a mano a

mano che il cristianesimo viene abbracciato da nuove popolazioni, l’Europa si allarga ad includerle.

Studiando il medioevo ci troviamo di fronte ad un’Europa «a fisarmonica»: in determinati momenti

si dilata, in altri si contrae, come il respiro. Non per niente alla metà del secolo XIX la Turchia,

centro dell’Impero Ottomano, è ammessa al «consesso delle nazioni europee» nel congresso che

deve sancire la fine della guerra di Crimea – quel consesso al quale l’Impero degli Zar, che aveva

incominciato ad affacciarsi sull’«Europa» solo fra XVI e XVII secolo, era, in quel tempo, già

automaticamente inserito.

Riccardo Tabilio, Valeria Sacco, Giulio Boato