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Madre Teresa, Padre Pio... gli altri santi e beati illustri

Madre Teresa, Padre Pio... gli altri santi e beati illustri

L’impulso decisivo di Wojtyla, ben 1.338 beatificazioni

23 aprile 2014
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Il tempo impiegato è stato da record: Giovanni Paolo II è stato proclamato beato ad appena sei anni e un mese dalla morte. Prima di quella beatificazione, solo per Madre Teresa di Calcutta, scomparsa nel 1997, c’era stata una simile rapidità. Era stato proprio papa Wojtyla a prevedere per lei una deroga alle norme che prescrivono un’attesa di cinque anni per aprire un processo canonico. Decretando 483 santi e 1.345 beati, Wojtyla ha messo in piedi una vera e propria fabbrica di santi, con un numero di canonizzazioni superiore a quelle fatte dai suoi predecessori negli ultimi 400 anni. A Pio X si attribuiscono quattro santificazioni, 33 a Pio XII e 10 a Giovanni XXIII.

Nell’Ottocento ciascun pontefice proclamava in media due o tre santi, sebbene tutti di un certo “peso devozionale". È il caso di Gregorio XV che canonizzò Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila, colonne del cattolicesimo. Ad aver caratterizzato invece il pontificato di Wojtyla sono state le beatificazioni collettive, come quella di 108 martiri della Seconda Guerra mondiale. Semplice la motivazione: i fedeli devono poter ispirarsi a figure che li avvicinino a Dio e che siano il più possibile a portata di mano, simili agli uomini contemporanei, nel loro incespicare lungo il cammino. Non mancano allora, tra le fila dei santi, personaggi morti da poco ma amatissimi come è il caso di Padre Pio, il frate con le stimmati, avversato da non pochi ecclesiastici.

Oppure lo stesso Giovanni XXIII, il papa che sarà celebrato insieme con Wojtyla e di cui si ricorda uno dei più celebri discorsi della Chiesa, quello detto “della Luna”: in occasione dell'apertura del Concilio, nel 1962, quello del «Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa».

Tra i beati, Wojtyla considerò anche personaggi molto in vista come Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei oppure sconosciuti a più, come Giovanna Beretta Molla, pediatra milanese morta per non aver voluto interrompere la gravidanza e curarsi dal cancro. Soprattutto non mancano i laici Pier Giorgio Frassati, figlio del fondatore del quotidiano La Stampa, e il Beato Angelico, venerato come santo per i suoi dipinti. Mentre il 13 maggio del 2000, a Roma, Wojtyla proclamò beati i giovani Francisco e Giacinta, i pastorelli che assistettero nel 1917 alle apparizioni mariane a Fatima e che, insieme con suor Lucia dos Santos, ebbero in consegna dalla Madonna i famosi “Tre segreti” che tanta polemica hanno suscitato.

Wojtyla – che complessivamente ha fatto 1.338 beatificazioni e 482 canonizzazioni – ha reso onore anche all’uomo di strada, specie quando vittima di persecuzioni, scegliendo i beati tra i caduti nei campi di sterminio nazisti, tra i martiri cinesi e quelli messicani degli anni Venti. Soprattutto, Giovanni Paolo II ha proclamato beata una schiava, Giuseppina Bakhita. Nata nel Sud del Darfur nel 1869 da una famiglia benestante musulmana, a quattro anni fu rapita da mercanti arabi di schiavi. Per il trauma subito, dimenticò anche il proprio nome e i suoi rapitori la chiamarono Bakhita, “fortunata”. Conobbe l’umiliazione dello spirito e l’offesa nella carne. Portava un anello d’oro al naso quando venne infine comprata dal console italiano lì residente, Callisto Legnani. Lavorò nella sua abitazione ma non più come schiava. Nel 1884 il diplomatico la portò a Genova dove l’amico Augusto Michieli prese Bakhita come bambinaia. Affidata alle Figlie della Carità, le Canossiane di Venezia, che le impartirono un’istruzione religiosa, la donna prese infine i voti. Salta agli onori dell’altare nell’ottobre del 2000, è l’unica beata d’Africa. (m.f.)

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