Gazzetta di Modena

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Roncalli e Wojtyla, papi e santi

di VITTORIO EMILIANI
Roncalli e Wojtyla, papi e santi

 Domenica 27 la celebrazione in Vaticano, ecco cosa unisce i due pontefici

23 aprile 2014
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La contemporanea santificazione di due papi come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II rappresenta, credo, un unicum nella storia della Chiesa e anche per questo ne proietta però una immagine di forza, di unità. Difficile infatti immaginare due pontefici più diversi, per estrazione sociale, formazione e cultura religiosa, esperienza diplomatica. Per papa Wojtyla salì immediata al cielo l’invocazione di massa: “Santo subito” e santo sarà proclamato a meno di dieci anni dalla scomparsa, davvero pochi per la tradizione cattolica. Mentre papa Roncalli è mancato nel 1963 e, nonostante che risultasse uno fra i papi più amati (almeno dai ceti più umili e dai cattolici e dai laici più legati al Concilio Vaticano II da lui voluto), la sua elevazione agli altari si completa dopo mezzo secolo. Neppure l’origine sociale li accomunava: il bergamasco Roncalli veniva infatti dalla campagna di Sotto il Monte e aveva ancora fratelli contadini, mentre Wojtyla era figlio di un ex ufficiale asburgico, anche se poi aveva voluto vivere un’esperienza operaia.

Popolarità in comune. Dato comune a entrambi è stata la quasi immediata e planetaria popolarità legata anche a una straordinaria capacità di comunicazione con le masse dei credenti e non. Roncalli doveva rompere gli schemi venendo dopo un pontefice molto romano, aristocratico, ieratico, chiuso, anche teologicamente, dentro le Mura Vaticane, come Eugenio Pacelli, per tanti versi ancora un enigma. Giovanni XXIII aveva tratti di bonomia così veritieri da mettere in ombra persino una preparazione e una esperienza diplomatica raffinata e complessa esercitatasi in Paesi di minoranza per la Chiesa cattolica (Bulgaria e Turchia) e nella Francia dopo Vichy che aveva visto i vescovi pesantemente compromessi col governo collaborazionista (il Nunzio Roncalli fu incredibilmente bravo nel ritessere quella tela lacerata). Così come ad Ankara aveva concorso a salvare migliaia di ebrei in fuga, mentre Pio XII almeno ufficialmente taceva.

Il contatto con i fedeli. Per Wojtyla, dopo il problematico, intellettuale, inquieto Montini (Paolo VI), fu più facile stabilire un personale contatto con masse di fedeli che aspiravano, in anni difficili, fra terrorismo e guerra fredda, a identificare un padre forte, energico, rassicurante, persino guerriero sotto certi aspetti. Era ancora in piedi l’odioso Muro di Berlino e allo smantellamento dell’Impero sovietico dedicò tanta parte dei propri sforzi al fine di liberare l’amata Polonia da quel giogo. Anche in questo campo tante diversità: Giovanni XXIII si era molto giovato – oltre che della propria esperienza di Nunzio all’estero – di una diplomazia vaticana ad alto livello che, partendo da Montini e Tardini, giungeva ai fratelli Cicognani e più oltre al segretario di Stato, Agostino Casaroli, e al suo ministro degli Esteri, Achille Silvestrini. Mentre Giovanni Paolo II ne fece a meno e gestì di fatto in proprio la più parte delle strategie internazionali avendo successo nella “spallata” all’ormai crollante Unione Sovietica e ai regimi satelliti, ma lasciando nell’America centro-meridionale una Chiesa divisa fra i governi militari e l’opposizione vicina talora ai gruppi rivoluzionari.

Certo è che un arcivescovo martire, ucciso sull’altare, il salvadoregno Óscar Romero, non fu proposto ad esempio e la sua causa di canonizzazione è stata sbloccata solo ora, da papa Francesco. Wojtyla ebbe anche numerosi contrasti con le altre Chiese.

Ora tocca a Bergoglio. All’atto della sua elevazione alla cattedra di Pietro si disse che sarebbe stato un papa “spiritualista” e ciò risultò in buona parte vero. Tuttavia, se Paolo VI mise mano a un ritocco della Chiesa post-conciliare che aveva non pochi spunti di restaurazione, Giovanni Paolo II completò in quel senso il cantiere. Per cui rimase viva la nostalgia per la scelta di Giovanni XXIII realizzata con la svolta del Concilio Vaticano II coinvolgendo credenti di tutte le religioni, agnostici, laici. Si era avviato un percorso di ristrutturazione della storica istituzione che ora papa Bergoglio sta riprendendo con la forza e la serenità di chi ha la raffinata cultura del gesuita e la concreta conoscenza del mondo di un vero pastore di anime. Con un’apertura umana e teologica che spesso sorprende e che unifica i due papi santi e il papa dimissionario, Benedetto XVI. Il cui ruolo di grande equilibrio non va dimenticato.

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