Aemilia, Muzzarelli e Giovanardi dispensati
Il tribunale ritiene superflue le loro testimonianze. Giglio: «Nascosi a Bianchini la verità su Bolognino»
21 luglio 2017
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Il senatore Carlo Giovanardi e il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli non siederanno al banco dei testimoni alle udienze del processo Aemilia. Lo ha deciso il tribunale, presieduto da Francesco Caruso, che ritiene irrilevanti i contributi che i due politici, citati dagli avvocati difensori, avrebbero potuto portare alle udienze sulla ’ndrangheta in Emilia. Via sms l’avvocato Piccolo, insiste per avere Giovanardi, ma la risposta continua ad essere negativa: le interpellanze relative alla white list le si potranno acquisire diversamente. Il senatore, va comunque ricordato, è indagato in un filone di Aemilia per indagato per rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e minaccia o violenza a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato.
Ma l’udienza di ieri a Reggio ha avuto una forte connotazione modenese. Giulio Giglio, fratello del collaboratore di giustizia, Pino, era a conoscenza che Michele Bolognino si era fatto vent’anni di galera per associazione mafiosa ma, nonostante ciò, non ha pensato di rivelarlo ad Augusto Bianchini quando li ha messi in contatto per fare affari insieme. È uno dei retroscena sulla della liaison d’affari che legava Michele Bolognino, considerato uno dei capibastone del clan ’ndranghetistico al nord, con l’imprenditore sanfeliciano. Giulio Giglio, anch’egli imputato in Aemilia ma a piede libero, è apparso ieri sul banco dei testimoni chiamato dai difensori di Bolognino e Bianchini. «Quando ho presentato Michele a Bianchini non gli ho detto della galera perché non era necessario. Per quanto mi riguarda aveva già pagato il dovuto. Lo considero un uomo perbene, un lavoratore. Ho conosciuto Bianchini nel 2004 e successivamente mi chiese se conoscevo a mia volta qualcuno che era in grado di fare alcuni lavori in edilizia. Allora io ho pensato a Bolognino e glielo ho presentato. Si sono visti nel mio ufficio e io ero presente. Dopo hanno lavorato insieme. Mi è capitato di vedere al lavoro nei cantieri di Bianchini gli operai di Michele».
Durante l’udienza sono stati ascoltati ex operai e soci d’affari di Bolognino. «Michele, se c’erano degli operai che si svegliavano tardi, sapeva come motivarli. Si è sempre interessato ai dipendenti, li trattava come figli ma quando serviva sapeva essere duro».
Un’udienza che si è aperta con una nuova ammonizione da parte del presidente del collegio, Francesco Caruso, rivolta alla nuova società che ha vinto l’appalto per gli stenotipisti. «I verbali sono lenti ad arrivare», ha detto seccato il presidente, che ha chiesto pazienza agli avvocati che hanno chiesto le trascrizioni delle udienze passate.
Ma l’udienza di ieri a Reggio ha avuto una forte connotazione modenese. Giulio Giglio, fratello del collaboratore di giustizia, Pino, era a conoscenza che Michele Bolognino si era fatto vent’anni di galera per associazione mafiosa ma, nonostante ciò, non ha pensato di rivelarlo ad Augusto Bianchini quando li ha messi in contatto per fare affari insieme. È uno dei retroscena sulla della liaison d’affari che legava Michele Bolognino, considerato uno dei capibastone del clan ’ndranghetistico al nord, con l’imprenditore sanfeliciano. Giulio Giglio, anch’egli imputato in Aemilia ma a piede libero, è apparso ieri sul banco dei testimoni chiamato dai difensori di Bolognino e Bianchini. «Quando ho presentato Michele a Bianchini non gli ho detto della galera perché non era necessario. Per quanto mi riguarda aveva già pagato il dovuto. Lo considero un uomo perbene, un lavoratore. Ho conosciuto Bianchini nel 2004 e successivamente mi chiese se conoscevo a mia volta qualcuno che era in grado di fare alcuni lavori in edilizia. Allora io ho pensato a Bolognino e glielo ho presentato. Si sono visti nel mio ufficio e io ero presente. Dopo hanno lavorato insieme. Mi è capitato di vedere al lavoro nei cantieri di Bianchini gli operai di Michele».
Durante l’udienza sono stati ascoltati ex operai e soci d’affari di Bolognino. «Michele, se c’erano degli operai che si svegliavano tardi, sapeva come motivarli. Si è sempre interessato ai dipendenti, li trattava come figli ma quando serviva sapeva essere duro».
Un’udienza che si è aperta con una nuova ammonizione da parte del presidente del collegio, Francesco Caruso, rivolta alla nuova società che ha vinto l’appalto per gli stenotipisti. «I verbali sono lenti ad arrivare», ha detto seccato il presidente, che ha chiesto pazienza agli avvocati che hanno chiesto le trascrizioni delle udienze passate.