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Sideros: ecco l’affare della ditta fantasma

di Alberto Setti
Sideros: ecco l’affare della ditta fantasma

La società di un ex consigliere regionale promette 950mila euro al tribunale, puntando ai 4 milioni della ricostruzione

01 settembre 2017
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SAN FELICE. C’è anche un politico ex consigliere regionale dentro l’affare milionario della Sideros. Una storia che balla, a seconda dei punti di vista, tra legittime aspettative imprenditoriali e un profumo di bluff che altri hanno percepito come tale. Insomma, come una truffa. Tanto da rivolgersi nelle sedi competenti.

Certamente una storia da percorrere come... sulle uova, tali e tanti sono i soldi, gli interessi, le personalità e le istituzioni in ballo. Come finirà, dipende molto dalle pressioni che in queste settimane si stanno concentrando sulla Regione, o nei tribunali.

Il punto di partenza è nel dopoguerra. Quando la famiglia Chelli di San Felice fondò la Sideros spa, che negli anni Ottanta esportava fornelli da cucina in tutto il mondo, dalla Francia all’Africa. Sideros è stata una delle prime fabbriche del polo industriale di San Felice, ha dato lavoro a centinaia di famiglie e a tempo debito ha saputo riconvertirsi ad un settore specifico: la produzione di stufe, a legna e a pellet. Poi sono arrivate la globalizzazione, la crisi, i dubbi sulla produzione di calore da combustione... Quando nel 2012 la Bassa viene squassata dal terremoto, l’azienda barcolla, prova a ripartire, chiede alla Regione un contributo per la sistemazione di parte dei capannoni danneggiati. Ma alla fine si deve arrendere: sono gli stessi titolari, l’amministratore delegato Marco Chelli, a portare i libri in tribunale, a Modena. Il Tribunale con sentenza del 15 ottobre 2014 dichiara fallita Sideros spa, nominando quale curatore l’avvocato Nicola Milano, di Modena.

E qui comincia un’altra storia, controversa, pesante, rimasta per tutti questi anni nell’ombra. Perché il lavoro dell’avvocato Milano conduce il 4 gennaio 2016 ad una operazione particolare: l’«avviso di vendita cumulativa del compendio immobiliare e del complesso aziendale della Sideros spa».

In altre parole: l’intero stabilimento (la parte nuova che ha resistito al terremoto, e quella da riparare), viene messo sul mercato per 800mila euro. Da pagare a rate bimestrali, le prime molto soft (50mila euro).

Va in vendita anche l’attività, l’azienda: 150mila euro in tutto, con 15 rate mensili: parliamo di marchio, arredi, mezzi e automezzi, impianti, macchinari e giacenze di magazzino. Allora molto ricercate, in forza dei tanti clienti ex Sideros, bisognosi di aggiustare le loro stufe.

Singolarmente, l’avviso precisa che prima del fallimento la Sideros aveva «presentato domanda di prenotazione dei contributi stanziati della Regione per le opere di ricostruzione... per un importo lavori stimato in 2,91 milioni di euro, e che la relativa prenotazione è stata confermata dal fallimento...». Aggiungendo che la compravendita «è condizionata al riconoscimento della prenotazione dei contributi regionali».

Insomma: si mettevano sul mercato un immobile ed una azienda a prezzi contenuti, peraltro con la promessa-impegno condizionante di far arrivare - dalla Regione - 3 milioni di euro, a favore di chi ne avrebbe spesi appena 950mila.

Fatto sta quando il 14 marzo 2016 si aprono le buste, dei due gruppi interessati uno svanisce. Sideros viene acquistata da una società altrettanto interessante, la Project Holding di Formigine. Di cui è socio anche Matteo Riva, ex consigliere regionale, ex consigliere comunale a Reggio. Ed è proprio con i buoni auspici di Riva che Project Holding va in cerca di finanziatori della grande promessa: per lo più imprenditori delle costruzioni della Bassa, ai quali far versare cifre sull’ordine dei 100mila euro, in cambio della promessa che avrebbero partecipato dell’affare - milionario - della ricostruzione e poi dell’utilizzo degli immobili dell’azienda. Nel frattempo viene costituita la Nuova Sideros srl.

Il primo imprenditore contattato per l’affare ha perso tutto ciò che ha versato, in anticipo. Sentendosi truffato, si è rivolto ad un legale, e le carte bollate hanno già cominciato a girare: «Una cosa del genere non mi è mai capitata in tutta la mia vita», ha detto agli amici.

Il secondo invece si è fatto socio in Project Holding spa del reggiano Riva e del collega, il pavullese Cenicola. «Mi sono tirato fuori, un anno fa ho ceduto le quote ad un geometra di Finale. Peccato, a me sembrava un bel progetto, bloccato da un cavillo», dice oggi.

Se i soldi che hanno versato, o altri, siano davvero finiti nelle casse del Tribunale, secondo il piano finanziario gestito dal curatore, non è dato sapere: «Ci risultano dei gravi problemi di pagamenti», dicono dal Comitato dei creditori, in base ad una comunicazione di mesi fa.

Lo proviamo a chiedere all’avvocato Milano, il curatore fallimentare nominato dal Tribunale: «Sì, ci sono dei problemi, ma chi vi ha dato il mio numero? Come vi permettete di chiamare al cellulare...?», si inalbera, troncando la conversazione con la Gazzetta.

Lo proviamo a chiedere anche all’architetto Telandro, incaricato dalla nuova proprietà di sistemare il progetto di risanamento, che nelle more è lievitato ad oltre 4 milioni, richiesti alla Regione. Gentilissimo, ma neppure lui risponde.

La verità? La Regione non può dare 4 milioni e passa ad una nuova proprietà, che l’immobile lo ha pagato 800mila euro. L’affare immobiliare Sideros si ferma qui. Almeno per ora, poiché le pressioni proseguono, così come le carte in Tribunale.

E la nuova Sideros srl? Riva, contattato, non risponde al telefono. Chiediamo cosa sta succedendo al suo socio di Project Holding e in Nuova Sideros, Mauro Bertoli, ex manager di Iren: «Ci siamo un attimo fermati. Il piano industriale rimane, ma restiamo in attesa dei contributi regionali», rassicura.

In attesa di fondi che non possono arrivare, l’azienda è un fantasma: gli uffici sono vuoti, il sito internet è perennemente in allestimento, i nuovi dipendenti (due) licenziati. I contatti industriali troncati, il marchio verso l’oblio. E i magazzini nel frattempo sono stati svuotati. Spariti, negli uffici, anche gli arredi, caricati su camion estemporanei finiti chissà dove.