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Ricerca e Big data La modenese Sabina Leonelli svela i segreti

di Michele Fuoco
Ricerca e Big data La modenese Sabina Leonelli svela i segreti

Vive a Londra e lavora all’università di Exeter È ordinario di Filosofia e storia della scienza

12 gennaio 2018
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A Sabina Leonelli è stato assegnato con cerimonia svoltasi, il 30 novembre, a Londra presso Church House Westminster il premio “Talented Young Italians 2017”. Un prestigioso riconoscimento della Camera di Commercio Italiana per il Regno Unito, in collaborazione con l'Ambasciata italiana a Londra, che viene dato a persone di nazionalità italiana che hanno contribuito fortemente alla ricerca a livello internazionale. La Leonelli, professore ordinario di Filosofia e Storia della Scienza all'Università di Exeter ed esperta di scienza aperta (Open Science) per la Commissione Europea, si occupa da 10 anni del modo in cui i dati provenienti da varie fonti per scopi di ricerca scientifica vengono messi in circolazione, analizzati e usati da infrastrutture digitali. «Il mio compito - dice la studiosa - è di capire come la ricerca viene comunicata e valutata, ma anche se è affidabile, cioè a quali risultati possiamo credere e su quali si possono costruire politica, sanità e altre conoscenze».

Come procede il suo lavoro?

«Studio come i dati vengono inseriti in sistemi e strutture digitali, impiegati da scienziati per produrre conoscenza. Tanta gente è coinvolta in questa enorme operazione e nessuno ha una visione d'insieme. Allora il lavoro di un filosofo della scienza è rendersi conto esattamente a cosa ci troviamo di fronte, come si legano tra loro i vari aspetti del lavoro scientifico e come esso viene gestito e comunicato alla gente. Inoltre se i dati vengono usati a fine di lucro e quali le implicazioni di certi tipi di gestione. Da considerare pure la credibilità della scienza, per cui anche in Italia, per la questione dei vaccini, ci sono stati grossi problemi».

Quali risposte riesce a dare?

«Parlo con molti scienziati in vari posti del mondo per aiutarli a risolvere i problemi nel loro sistema operativo, le applicazioni e i modi di impostare la ricerca perché i problemi possano essere affrontati e risolti, per una corretta gestione. Le mie aree di specializzazione sono la biologia e la biomedicina».

E l' impatto sulla società?

«La mia ricerca può contribuire a rendere più efficace l'uso dei Big Data per generare conoscenza che aiuti a fronteggiare le grandi crisi del nostro tempo: il cambiamento climatico, la produzione di cibo e la gestione dei flussi migratori. Allo stesso tempo evidenzia l'importanza di gestire dati di rilevanza scientifica in maniera etica e socialmente costruttiva, in modo da rispettare i diritti umani e i principi fondamentali di protezione dell'individuo e delle comunità coinvolte».

In Italia sarebbe difficile fare questo lavoro?

«Ho beneficiato nella sezione sperimentale al Liceo Muratori di una buona educazione scientifica e umanistica. Una preparazione eccellente, tanto che quando sono arrivata a Londra ero molto più avanti degli studenti inglesi. Ma all'Università le cose cambiano. In Italia c'è più frammentazione e bisogna scegliere tra una carriera scientifica o filosofica. All'estero, invece, è possibile fare tutte e due le cose, per poter guardare con uno sguardo umanistico alle scienze naturali, agli scienziati naturali che lavorano in nicchie piccolissime e non si parlano tra loro. Non c'è comunicazione tra i diversi campi. Vorrei ricordare che fino all'800 i grandi filosofi erano tutti scienziati naturali (Aristotele, Parmenide, Descartes, Kant...). Ecco perché ho conseguito la laurea in filosofia e storia della scienza a Londra e il dottorato in Olanda. Attualmente sono co-direttore a Exeter del miglior centro in Europa per la filosofia delle scienze della vita, in cui operano una trentina di colleghi e altrettanti dottorandi».

La soddisfazione maggiore per una giovane ricercatrice?

«Sono felice di questo riconoscimento. Contenta che sia stato dato un premio di questo genere ad un filosofo, in quanto esso viene di solito conferito a chi lavora nell'ambito della ricerca dell'industria, a ingegneri, economisti. Un premio ad una persona che ha relazioni con tutti questi campi e viene dal campo umanistico mi procura una particolare soddisfazione».

Se avesse lavorato nelle nostre università sarebbe stato difficile pervenire a un tale risultato?

«Certamente. Purtroppo, considerate le strutture in questo momento a livello universitario in Italia, non vedo come una persona a 37 anni potesse diventare professore ordinario di filosofia. In Inghilterra ci sono meno nepotismi: un fenomeno che caratterizza molto la situazione nelle università italiane. Il sistema è davvero meritocratico. I criteri con cui viene valutata l'eccellenza in campo scientifico sono chiari. Se si fa un lavoro a livello mondiale viene riconosciuto immediatamente».

Dopo la Brexit è cambiato qualcosa in Inghilterra?

«Per il momento siamo tutti nel limbo, perché non si sa se è cambiato qualcosa. La percezione è brutta. Il mondo scientifico inglese ha fatto di tutto per attrarre i maggiori talenti. Pare ci siano buone assicurazioni da parte del governo inglese per coloro che lavorano all'università, perché non saranno toccati. Ma i coniugi non sono protetti. Mio marito è belga e i due bambini hanno cittadinanza inglese. Avendo genitori di un altro paese c'è qualche preoccupazione per il futuro di poterli portare in Inghilterra. Le assicurazioni sono tutte positive. Però...».

LA SCHEDA : STUDIOSA DI LIVELLO MONDIALE

Sabina Leonelli è professore ordinario di Filosofia e Storia della Scienza presso l'Università di Exeter in Inghilterra, dove co-dirige il Centro per gli Studi delle Scienze della Vita (Egenis) ed è a capo del gruppo di ricerca sui big data. Il suo lavoro include collaborazioni con scienziati sociali, bioinformatici, biologi e medici. È autrice di più di 80 articoli in riviste internazionali e della monografia “Data-Centric Biology: A Philosophical Study” con Chicago University Press, e ha edito svariati libri. Ha ricevuto finanziamenti dall'European Research Council e altre agenzie pubbliche per un valore di oltre 2 milioni di euro. Il suo lavoro sui big data e l’innovazione l’ha portata a dirigere il lavoro sulla Scienza Aperta della Global Young Academy e al coinvolgimento come esperta nella politica della scienza a livello europeo, e in particolare per la Commissione Europea. Vive a Exeter con il marito belga e due figli di 3 e 7 anni. Sempre forti i legami con l’Italia. Oltre ad aver frequentato il Liceo Classico Muratori a Modena, la ricercatrice è spesso ospite di istituzioni universitarie a Bologna, Milano e Roma. È stata co-responsabile dei programmi di gemellaggio per dottorandi fra l’Università di Exeter e l’Università Bologna (dal 2010 al 2016), supervisor presso il dottorato internazionale sui fondamenti della scienza della vita e le implicazioni etiche, attivo fra l’Università di Milano e la Scuola Europea di Medicina Molecolare (2002-2014). È stata invitata, nel 2017, come keynote speaker alla conferenza triennale della Società’ Italiana di Filosofia della Scienza a Bologna. <QM>(m.f.)

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