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Il giornalista Salinaro: «Uccideva con ritualità vittime simili tra loro»

Le ragazze trovate morte a Modena: si è sempre ipotizzato un serial killer
Le ragazze trovate morte a Modena: si è sempre ipotizzato un serial killer

Il racconto di quegli anni fatto dal giornalista della Gazzetta, il primo a ipotizzare l'esistenza di un serial killer e a collegare gli omicidi

19 luglio 2018
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«Per risolvere un omicidio non è mai troppo tardi. Basta pensare al caso Zodiac a San Francisco: ci sono voluti 25 anni e tante sofferenze personali, ma alla fine si è capito chi era il serial killer». Pier Luigi Salinaro, ex cronista di punta della Gazzetta di Modena oggi in pensione, è stato il teorizzatore del “mostro di Modena”. Un’idea che non era una balzana trovata editoriale, ma che aveva un’evidenza empirica anche se - per vari motivi - mai provata.

Salinaro, come è nata l’idea del mostro?

«Con gli anni. Il primo delitto, nel 1983, riguarda Filomena Grasso, una prostituta che torna a lavorare e la prima sera viene accoltellata in stradello Soratore dentro una cascina: morirà dissanguata. Poi nell’85 viene uccisa la Marchetti e nell’87 Filomena Guerra. Intuii che ogni due anni c’era un omicidio con elementi seriali».

Da cosa erano uniti?

«Da tre elementi: si trattava sempre di giovani prostitute per droga. Quasi tutte tossicodipendenti. Poi c’erano due casi per me collegati. Donatella Guerra viene uccisa dopo essere stata caricata in piazza Roma. Poco tempo dopo viene uccisa anche Marina Balboni. Ma Marina, si scoprirà, era anche lei in piazza Roma e potrebbe essere stata una scomoda testimone. Marina ha lasciato dei diari mai letti dagli inquirenti. E nell’ultima pagina scrive “Devo uscire sabato sera». Sottolineato. Nessuno ha verificato. Questi venivano considerati delitti di serie B».

Torniamo al mostro.

«Vedevo una serialità. C’erano tanti aspetti sempre uguali. Sospettavo che qualcuno avesse individuato le sue prede ideali dentro lo stesso ambiente marginale, anche se come noto il grande criminologo De Fazio, mio amico, non era d’accordo perché non si trovavano riscontri sufficienti per collegare i fatti. Oggi sono “ casi freddi” ma non sono casi chiusi».

C’è una simbologia?

«Una volta uniti tutti i luoghi degli omicidi: formavano un pentacolo il cui centro era il luogo dell’omicidio Abate. Un pentacolo simile a quello dei massoni».

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