SASSUOLO «Non c’è stata nessuna forma di violenza, tantomeno di tortura». È netta la difesa degli agenti di polizia locale indagati, a partire da quello assistito dall’avvocato di fiducia Luigi Zaccaria di Reggio. Uno dei due agenti semplici, trentenne e da poco in servizio, che si trova ad affrontare un’accusa gravissima. Lui, come gli altri, è stato sentito giovedì dal gip Carolina Clò, in un lungo interrogatorio in cui ha risposto a tutte le domande fornendo la sua verità dei fatti. «Al gip abbiamo rappresentato che i fatti non si sono affatto svolti come indicato dall’accusa» osserva l’avvocato, che evidenzia due elementi di contestazione di fondo. «Innanzitutto il mio assistito non si è presentato in Pronto soccorso di sua iniziativa: a differenza di quanto riporta l’accusa, l’intervento fu chiesto dagli operatori sanitari, perché il paziente era in uno stato di agitazione e c’era necessità di contenerlo, a tutela della loro stessa incolumità. Il mio assistito del resto non era presente nel luogo dove il paziente fu caricato dall’ambulanza: è evidente che ha appreso del caso, e della necessità di intervenire, per una chiamata specifica». In seconda battuta, l’avvocato contesta radicalmente l’accusa di tortura, e di dinamiche tali da configurare il 613 bis: «Non ci fu assolutamente nessuna tortura, i fatti sono stati travisati – rimarca il legale – ci fu solamente un intervento di contenimento di un soggetto che stava dando dei problemi in Pronto soccorso. Il mio assistito è radicalmente estraneo alle accuse, come ha spiegato giovedì al giudice in un lungo interrogatorio in cui ha risposto a tutte le domande ed ha così avuto modo di chiarire l’esatta dinamica dell’accaduto. Il mio non ha commesso il fatto. Non ci risulta al momento – evidenzia l’avvocato – che ci sia un referto medico che attesti le avvenute violenze avvenute sul paziente». Si profila dunque uno scontro tra posizioni diametralmente opposte, tra accusa e difesa: la Procura dice invece che l’intervento della polizia locale al Pronto soccorso non era stato richiesto e che soprattutto è avvenuto in termini violenti, giunti all’apice nel momento in cui uno degli agenti «è salito con i piedi sul suo bacino mettendosi in posizione accovacciata, chiedendogli con insistenza se avesse assunto sostanze stupefacenti». L’accusa nei confronti del giovane agente di polizia locale, così come per gli altri, è molto grave: il reato di tortura commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni comporta dai 5 ai 12 anni di carcere. Roba da far tremare: «Non si aspettava assolutamente l’avvio di un procedimento di questo tipo con un’accusa così grave – chiosa il l’avvocato Luigi Zaccaria – ma allo stesso tempo è consapevole della propria innocenza e confida di riuscire a fare emergere la verità dei fatti». l © RIPRODUZIONE RISERVATA &nbsp;

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Per l’avvocato di uno degli agenti i fatti sono stati travisati

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Sassuolo, la difesa degli agenti di polizia locale: «Non ci fu alcuna tortura ma solo contenimento E ci chiamarono i sanitari»

Per l’avvocato di uno degli agenti i fatti sono stati travisati

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