Modena. La sanità commossa ricorda Roberto Rubbiani: «Esempio per tutti noi»
Secondo omaggio per il medico dopo quello di Pavullo
«Roberto Rubbiani è stato e rimane un esempio per tutti noi». Le parole del dg Ausl Anna Maria Petrini rendono bene l’atmosfera che si respirava martedì a Baggiovara nel secondo grande omaggio, dopo quello di Pavullo, al primo manager della sanità modenese, scomparso l’11 maggio.
Capiterà più spesso adesso di rivolgere un pensiero a lui nell’ospedale che realizzò, grazie alla targa all’ingresso. Ma in chi ha partecipato rimarranno anche i tanti ricordi di cui è stato intessuto l’incontro condotto da Raul Ragazzoni, uno dei giovani da lui lanciati.
«C'era da parte sua un credo, una fiducia nel sistema pubblico che mi ha plasmato» ha sottolineato il direttore del Policlinico Claudio Vagnini. «Sentiva il dovere di far vivere bene le persone – ha sottolineato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – e per questo il suo sguardo era sempre rivolto alle tecnologie più avanzate».
Fu Giuliano Barbolini a dare il via libera alla sua nomina ai vertici dell’Ausl nel 1996: «Non era solo un uomo capace e con determinazione da montanaro – ha rimarcato – aveva anche una straordinaria sensibilità e umanità nei rapporti. Ed era encomiabile per correttezza e lealtà, doti piuttosto rare». «Aveva una grande grande forza interiore – ha rimarcato l’ex presidente della Provincia Emilio Sabattini – viveva il suo compito come missione, in senso assoluto».
L’ex assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi nel suo messaggio ha ricordato quando Rubbiani dalla direzione del Policlinico fu nominato alla guida dell’Ausl, e convocò la prima riunione con i dirigenti: «Per circa un’ora e mezza ci raccontò di quanto era dispiaciuto di aver lasciato il vecchio lavoro e di quanto profondamente ci disistimava. Io pensavo a un discorso finalizzato a spronarci. Niente di tutto questo. La riunione finì, inutile dirlo, nella disperazione più totale dei presenti. Roberto si presentò così: come un burbero direttore poco incline ai complimenti. Poi compresi che si trattava di una personalità pronta a riconoscere il merito, e sensibile». «Rubbiani odiava i ruffiani, gli dava fastidio qualsiasi atteggiamento mellifluo – ha ricordato il dottor Valter Gherardi – era un professionista straordinario, ma amava le cose semplici. Amava Serra, e dove viveva. Spalava la neve lui a casa: una volta lo fece così tanto che gli venne una tendinite e gli dovemmo fare un’infiltrazione per permettergli di mettere la cravatta».
Massimiliano Rannellucci, il suo storico addetto stampa, ha fatto fare un viaggio nelle foto d’epoca che ha toccato il cuore a tutti. Poi le testimonianze di Augusto Cavina, Giorgio Mazzi, Stefano Cencetti, Pietro Di Michele e altri.
Molto toccante il ricordo del dottor Giovanni Neri, che si è commosso ripensando ai giorni della malattia: «Ho incontrato pochissime persone nella mia vita serie come Rubbiani. Nel suo viso non ho mai visto un’espressione di connivenza non nobile. Era una persona particolarmente cara, e quando è stato sopraffatto negli ultimi due anni da questa malattia, è stato particolarmente difficile e doloroso per me il confronto con l’immagine di lui che mi portavo dentro. Ma vi posso dire che anche in quell’esperienza di malattia, i suoi tratti essenziali sono rimasti intatti».
«Roberto non aveva mai rancore per nessuno e per nessuna idea diversa dalla sua – ha testimoniato la moglie Franca Cottafavi – un grazie profondo a chi gli è stato accanto in questi due anni. Ricordatelo però ancora, perché lo merita». l