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Modena, cambia idea dopo il parto anonimo al Policlinico: «Non vedo mia figlia da 4 mesi»

Modena, cambia idea dopo il parto anonimo al Policlinico: «Non vedo mia figlia da 4 mesi»<br type="_moz" />

L’accusa: «Al Policlinico poco chiari». L’Azienda: «Rispettata la normativa»

15 dicembre 2023
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Michela Puggioni ha 27 anni e il 23 luglio ha partorito al Policlinico di Modena. E da quattro mesi non vede sua figlia. Sì, perché già durante la gravidanza, temendo di non riuscire a garantire un degno futuro alla bambina, si è rivolta a un consultorio decidendo per un parto anonimo, che dà la possibilità di dare alla luce il bambino in ospedale, con tutte le cure del caso, e di fare sì che il neonato poi venga affidato ai servizi sociali. Significa che la madre non procede alla denuncia di parto.

LA TELEFONATA 5 GIORNI DOPO
Il giorno dopo la nascita della bambina, Michela lascia il Policlinico, pur contro il parere dei medici. Il 25 luglio non partecipa ad un incontro già programmato con i professionisti per procedere alla valutazione del caso; il 28 luglio però, cinque giorni dopo il parto ci ripensa e telefona in ospedale. Vuole riavere sua figlia – la legge consente di tornare sui propri passi entro dieci giorni dal parto – ma nel frattempo si è attivato tutto l’iter burocratico. Lei – che si è rivolta a un avvocato e anche alla troupe della trasmissione “Le iene” che ha raccontato la sua storia in un servizio – punta il dito contro il Policlinico: non le avrebbe adeguatamente spiegato la procedura.

LA POSIZIONE DELL'OSPEDALE
L’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena ha deciso precisare: «È stata applicata la normativa specifica finalizzata a garantire ogni tutela alla madre e al neonato». In una lunga nota l’Azienda – che si riserva di intervenire legalmente contro la troupe televisiva che si sarebbe introdotta in ospedale senza qualificarsi – replica alle accuse: «Il 24 luglio, la donna – contro il parere dei medici – firma per la dimissione e lascia l’ospedale senza aver proceduto alla dichiarazione di nascita, effettuabile direttamente in reparto entro tre giorni, o in alternativa entro il decimo giorno dal parto nel Comune di residenza o dell’avvenuta nascita, avendo la possibilità di affidare contemporaneamente la bambina alle cure dei sanitari in attesa della registrazione anagrafica. In questi casi la normativa prevede che il personale dell’Azienda proceda a tutelare sia i diritti fondamentali del neonato, oltre a quelli della madre; tale legislazione è stata applicata anche in questo specifico caso».

IL CASO IN TRIBUNALE
Il 25 luglio (quando la donna non ha partecipato all’incontro programmato, ndr) «il personale sanitario intervenuto nel parto, ostetrica, in assenza della volontà di riconoscimento del genitore, ha proceduto a effettuare la dichiarazione di nascita al solo fine di garantire alla neonata la protezione giuridica e i suoi diritti fondamentali». Quindi, sono stati attivati i servizi sociali: «Che dopo la dimissione dall’ospedale – continua la nota –, l’hanno presa in carico dandone immediata comunicazione al Tribunale dei Minori competente per l’adozione dei provvedimenti conseguenti, nel frattempo la bambina è stata collocata presso una “famiglia d’emergenza” che le potesse garantire tutta l’assistenza e le cure di cui ha bisogno un neonato».
Quando il 31 luglio la 27enne ha scritto al reparto manifestando la propria volontà di ritornare sui suoi passi, «correttamente – evidenza l’Azienda ospedaliera – le è stato risposto che era già avvenuta la necessaria presa in carico da parte dei Servizi Sociali. I Servizi Sociali, essendo stato investito della situazione il Tribunale dei Minorenni, contatti da legale della signora, gli hanno appunto suggerito di rivolgersi, senza indugio, al Tribunale dei Minori per portare avanti l’istanza della signora».