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Modena, il Policlinico si mette in mostra per celebrare i primi sessant’anni

di Gabriele Farina
Modena, il Policlinico si mette in mostra per celebrare i primi sessant’anni

Da sabato 16 dicembre a domenica 4 febbraio due esposizioni sull’ospedale cittadino visitabili gratis al complesso San Paolo

14 dicembre 2023
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MODENA. Com’era il Policlinico sessant’anni fa? Com’è cambiata Modena dall’inaugurazione dell’ospedale?

Sapevate che Enzo Ferrari ha donato al Policlinico un apparecchio per la risonanza magnetica nel 1987, l’anno prima di morire?

Per rispondere a queste e altre domande l’azienda ospedaliero universitaria (Aou) ha realizzato la mostra “Una storia, tante storie”.

LA MOSTRA

Al complesso San Paolo sarà inaugurato alle 11 di domani, sabato 16 dicembre, un viaggio alla scoperta dell’ospedale e anche della nostra città. Un viaggio in cui sono cambiati gli interpreti: i medici, gli infermieri, i pazienti, i volontari, i macchinari, lo stesso ospedale.

«Abbiamo voluto fare un regalo ai cittadini modenesi – spiega il dottor Claudio Vagnini, direttore del Policlinico – Riteniamo anche doveroso chiedere ai modenesi se hanno fotografie, documenti o altro ancora da portarci. Li utilizzeremo per ampliare gli spazi espositivi: sarebbe curioso per esempio sapere come fosse l’area prima che fosse realizzato il Policlinico, diciamo dagli anni Dieci agli anni Venti».

LA STORIA


Il Policlinico è stato inaugurato nel 1963, ma l’embrione era presente più di trent’anni prima. Era il 1931 quando Pio Colombini, allora rettore dell’università di Modena e Reggio Emilia, ha sottoposto alle autorità cittadine la necessità di ampliare gli spazi ospedalieri.

Nel 1933 è partito il bando e tre anni dopo (siamo nel 1936) è stata identificata l’area di San Lazzaro, tra le vie Emilia e Vignolese. I lavori sarebbero dovuti partire già nel 1941, ma l’Italia era impegnata nella seconda guerra mondiale.

È stato il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in visita a Modena, a rilanciare il progetto, poi ultimato il 5 luglio 1963, ai tempi del sindaco Rubes Triva.

«Sembrava di essere a Houston – ripercorre Giorgio De Santis, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ateneo modenese – Era una struttura all’avanguardia e le persone venivano con valigie di cartone per farsi curare. La città ha sempre accolto persone da tutta Italia per patologie incurabili o difficilmente curabili».

Vagnini ricorda ancora la prima volta in cui ha varcato le porte dell’ospedale. Era il 1977, l’anno della morte di Elvis Presley e dell’ultima puntata televisiva di Carosello.

«Il Policlinico era nuovissimo – aggiunge il direttore – Ero un giovane studente di Medicina e avevo iniziato a lavorare al quinto piano. È stata un’esperienza bellissima: eravamo in seicento al primo anno e non sapevano dove metterci. Era una struttura notevole per una città di medie dimensioni come Modena: non mi aspettavo una struttura tanto grande e così sviluppata».

Da medico specializzando a direttore generale il passo non è stato breve e nel frattempo la struttura di via Campi s’è confermata «permanentemente dinamica», per citare Vagnini.

«In origine c’erano 1.500 posti letto – rimarca – che sono diventati circa settecento. Dalle stanze con sei letti si è passati a quelle con due».

IL DOCUMENTARIO

Alcune stanze del Policlinico si sono trasformate in scenari del documentario La Casa di ciascuno.

La firma è del regista modenese Francesco Zarzana e l’attore concittadino Enea Sala è tra gli interpreti con la francese Sophie Valloire nel ruolo di un medico.

«Le testimonianze rappresentano una sorta di carezza», evidenzia il regista. Una carezza mostrata in anteprima domani, sabato 16 dicembre, alle 16.30 in sala Truffaut, mentre la mostra al complesso San Paolo sarà visitabile fino al 4 febbraio.

«Le storie sono piccole e grandi rivoluzioni» interviene Donatella Pieri, presidente della Fondazione Modena Arti visive, che contribuisce alla mostra.