A Modena una pasticceria segreta: i dolci francesi di Pain au Chocolat
È un piccolo laboratorio artigianale senza la classica vetrina
Modena Fuori dal centro storico, nascosto in una via residenziale, c’è un piccolo laboratorio di dolci francesi. Prevalentemente lievitati, simmetricamente perfetti. Non c’è nessuna vetrina graziosa e nemmeno un bancone tirato a lucido. Nonostante questo, saltano subito all’occhio i croissant, poi lo sguardo si sposta su una pila di coloratissimi macarons. L’atmosfera, dall’esterno, è accogliente e calorosa. L’odore invoglia ad entrare e, varcata la soglia, ci si ritrova catapultati in una patisserie parigina. Questo dolce progetto ha un nome, ed è “Pain au Chocolat”. Una pasticceria francese made in Modena, che cerca di teletrasportare a Parigi i propri clienti con un solo morso. Dietro ci sono le menti di Charlotte Brazi, nata e cresciuta a Lione, e suo marito Fabio Galletta, cuoco di origini carpigiane. Lei ha scoperto il talento per la cucina sotto la Torre Eiffel, lui, invece, sotto la Ghirlandina.
A unirli, oltre che la passione per la cucina, è stata un’esperienza lavorativa presso lo chef Massimo Bottura. Oggi, dopo un anno di sacrifici, Pain au Chocolat è diventato un punto di riferimento per la comunità francese residente a Modena che, a detta della coppia, pare essere consistente. Un’idea innovativa di fare pasticceria, che ha a cuore tecnologia e sostenibilità. Una visione gastronomica distaccata dal bensone e dalla torta Barozzi che, paradossalmente, i modenesi sembrano aver accolto con grande piacere.
Brazi, come è nato tutto?
«Era il periodo del lockdown, nel 2020. Un giorno, per l’ennesima volta, stavamo cercando qualche bar francese in cui prendere una colazione da portare via e mangiare a casa. Mi mancavano i sapori del mio Paese. Non trovando nulla, mi sono ripromessa che sarei stata io la prima a portare la pasticceria francese a Modena. E così è stato».
L’innovazione della vostra pasticceria sta solo nel menù?
«No, anche nella modalità d’acquisto. Abbiamo ideato uno speakeasy della pasticceria. I clienti ordinano online i nostri prodotti, li selezionano e indicano l’orario di ritiro. Io impasto e sforno il numero esatto di ordinazioni che ricevo, così da evitare avanzi o sprechi. Inseguiamo un modello di produzione sostenibile, dove la realizzazione quotidiana è regolata dalla richiesta».
Nel laboratorio lei è da sola? Qual è la sua routine?
«Preparo e cucino tutto io, Fabio si occupa della parte amministrativa. La mia giornata lavorativa inizia alle due del mattino. Da quel momento, fino alle 13, impasto, inforno e sforno».
Qual è il dolce che va per la maggiore?
«Sicuramente il pain au chocolat, il nostro cavallo di battaglia: è proprio per questo che la patisserie prende il suo nome. La sua preparazione richiede tempo, della tecnica e del rigore, degli ingredienti di qualità ma, soprattutto, della passione: tutti elementi che desidero trasmettere attraverso la mia cucina. Ovviamente, oltre ai lievitati, proponiamo anche torte, éclairs, macarons, e tante altre dolci chicche
Avete mai provato a unire la pasticceria francese e quella modenese?
«Sì, mischiando i vostri e i nostri prodotti. Noi, normalmente, usiamo solo ingredienti provenienti dalla Francia. Ma a volte facciamo delle eccezioni. Nella nostra famosa girella, per un periodo, abbiamo sostituito l’uvetta con le amarene di Fanano. I modenesi hanno apprezzato molto».
La clientela, quindi, approva anche un modo di fare colazione diverso dal solito?
«Sì, e non ce lo aspettavamo. Gli italiani hanno un modo diverso di approcciarsi alla frenesia della routine, a voi piace ritagliare il giusto tempo per fare colazione con calma, magari sedendovi e leggendo anche un giornale. Noi abbiamo importato i sapori di un altro Paese e li abbiamo proposti in una chiave internazionale, dove ordini, prendi e vai. C’è chi lo ha amato e chi lo ha odiato. Sicuramente abbiamo accontentato i modenesi d’adozione. Modena è una città dalle mille possibilità lavorative, ci sono tantissime aziende internazionali che necessitano di traduttori provenienti da tutto il mondo, anche francesi. Per questo motivo è nato Pain au Chocolat: per far sentire gli stranieri a casa».