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Cavezzo, Fabio continua a recuperare aiutato dall’amore della famiglia

di Chiara Marchetti
Cavezzo, Fabio continua a recuperare aiutato dall’amore della famiglia

Vittima di un terribile incidente nel 2005, era rimasto in coma

06 febbraio 2024
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CAVEZZO. Uno schianto, fortissimo. Poi più nulla, per otto mesi. Diciannove anni fa, nel 2005, sulla statale 12 in direzione Cavezzo, la Golf di Fabio Sala veniva colpita violentemente al fianco da un’altra macchina proveniente dal senso opposto. Ancora oggi non si conosce l’esatta dinamica dell’incidente, quel che è certo è che la macchina di Fabio curvò a sinistra, invadendo l’altra corsia. «Nell’impatto – ricorda mamma Rita – la portiera di destra è arrivata a pochissimi centimetri dalla sua spalla destra, quasi si toccavano».

Vivo per miracolo, da subito le sue condizioni sono parse molto gravi. «Quando ci hanno chiamato – continua Rita – non ricordo nemmeno cos’ho pensato. Con mio marito siamo partiti per andare al Policlinico di Modena, dove l’avevano trasportato d’urgenza».

«ERA IN COMA»

Dopo i primi interventi per stabilizzarlo, non c’era molto altro da fare, solo aspettare. «Era in coma e non respirava da solo. Siamo rimasti un mese nel reparto di Rianimazione del policlinico, poi lo hanno spostato all’istituto di Montecatone, un ospedale di riabilitazione tra Bologna e Imola».

Ed è proprio nel viaggio verso l’ospedale che succede qualcosa. «Io e mio marito eravamo nella nostra macchina, dietro l’ambulanza che trasportava Fabio. A un certo punto incontriamo un tratto di strada dissestato e dal lunotto posteriore dell’ambulanza vediamo che qualcuno ci sta facendo degli strani segni. Una volta arrivati, ci dicono che proprio tra quelle buche Fabio ha cominciato a respirare da solo».

SETTE LUNGHI MESI

Il ragazzo, classe 1982, però non è ancora cosciente e dovranno passare sette mesi prima che dia qualche segno di miglioramento. «Gli facevamo ascoltare la musica e gli raccontavamo le nostre giornate. I suoi colleghi elettricisti e gli amici venivano sempre a trovarlo ed è capitato spesso che dovessero mandarli via perché l’orario di visita era terminato».

Sono stati mesi duri, ma Rita, il marito e la figlia Rossana non si sono dati per vinti. «Ancora oggi – dice la mamma – devo ringraziare i medici che non ci hanno illuso o dato false speranze».

La donna a quel punto aveva già lasciato il lavoro in maglieria per andare tutti i giorni in ospedale. Verso la fine di ottobre, piano piano Fabio ha cominciato a svegliarsi.

«GRAZIE A BORELLI»

«Ricordo ancora che all’epoca non riusciva a mangiare autonomamente, ma un giorno non smetteva di agitarsi e muovere la bocca. Io non lo capivo e i medici mi hanno detto che era il suo modo per dirci che voleva andare a casa». Non era ancora il momento, però, e la famiglia Sala ha dovuto aspettare il 6 dicembre 2005 per riportarlo nella sua abitazione di Cavezzo. «Grazie all’aiuto del dottor Nunzio Borelli, siamo riusciti a sistemarlo in camera sua e a non fargli mancare niente».

LA RISATA COME DIFESA

Lentamente, Fabio ha ricominciato a parlare e a mangiare in autonomia. «Ha continuato a faticare nei movimenti e ancora oggi ha una tetraparesi spastica. In casa utilizza la carrozzina e in giardino il deambulatore».

A casa, con mamma Rita giocano a scopa, «così tiene allenato il cervello con i calcoli», e a scarabeo. «A volte va in crisi, come tutti, e si chiude in sé stesso. Lo vedo che abbassa la testa e stacca, lui dice che va in pausa». I Sala non si sono mai divisi e sono sempre rimasti molto uniti. «Abbiamo accettato quello che è successo, senza nascondere le tante difficoltà che ci sono state. Anche Fabio accetta la sua condizione e la sua arma di difesa è ridere e scherzare. Solo quando non era cosciente ha smesso di farlo». 

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