Gazzetta di Modena

Modena

Music valley

Music valley

«Un business in cui guadagnano tutti: hotel, negozi, ristoranti, locali»

26 febbraio 2024
5 MINUTI DI LETTURA





i Stefano Luppi

Che l’Emilia Romagna coincida con la Motor Valley - con capitali Modena di Ferrari, Maserati e Pagani e Bologna di Ducati e Lamborghini - è pacifico. Che il territorio regionale, con i suoi 44 prodotti Dop e Igp, sia il centro della Food Valley italiana è altrettanto incontestabile. Ma forse si pone meno attenzione a un’altra “Valley” che sta venendo avanti prepotentemente in Emilia Romagna, quella della musica e del suo forte indotto. I concerti di star italiane e internazionali, infatti, spesso determinano crescite economiche importanti sul territorio, oggi evidenti soprattutto per i poli musicali maggiormente organizzati in regione, l’ex Campovolo di Reggio, l’Unipol Arena di Bologna e l’Autodromo di Imola.

I concerti nella storia.

Chi non ricorda il primo luglio 2017, il “Modena Park” di Vasco Rossi al parco Ferrari di Modena con i suoi 220mila paganti? Se quello è stato il concerto che ha visto la maggior presenza di spettatori paganti altri incontri musicali in giro per il globo hanno fatto numeri ancora più elevati, seppur in mancanza di biglietti: per Rod Stewart nel 1994 sulla spiaggia di Ipanema a Rio De Janeiro andarono in oltre 3 milioni, altrettanti a Mosca nel 1997 per ascoltare Jean-Michel Jarre mentre sempre a Rio nel 2006 per i Rolling Stones si diede appuntamento almeno un milione di fans.

A tutto indotto

L’indotto, come si diceva in apertura, ossia i guadagni indiretti che derivano per alberghi, ristoranti, bar e negozi presenti nei territorio dove temporaneamente arrivano così tante persone per la musica, è fondamentale. In alcuni casi parliamo di cifre record: per appena due giorni del già citato concerto del Kom a Modena “VodafoneAnalytics” ha calcolato un indotto di poco meno di 6 milioni di euro (entrate di 660mila euro per il settore alberghiero nella sola notte dell’evento). Ancora più remunerativo è stato il concerto del 25 giugno ’22 all’Autodromo Ferrari di Imola per il concerto dei Pearl Jam (60mila spettatori): 10mila gli arrivi considerati turistici, con una permanenza media di 1,8 notti nella zona soprattutto in alberghi e b&b. In tutto benefici economici monstre di oltre 15 milioni di euro, in questo caso tra diretti e indiretti. Ecco dunque che in questo modo la Music Valley Emilia Romagna si sta giocando benissimo le sue carte. Altri esempi? Bruce Springsteen e la Street Band a Ferrara il 18 maggio dell’anno scorso, i concerti da oltre centomila presenze di Harry Styles, Ligabue, Zucchero alla RCF Arena di Reggio Emilia, gli appuntamenti all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bo), il Heineken Jammin' Festival di Imola che partì nel 1998 con i 120mila accorsi per Vasco e che ora sta riprendendo piede in Romagna in differenti forme. Tutti concerti altamente remunerativi unita a una forte attrattiva per le città - Reggio, Bologna, Imola in primis - che hanno perseguito questi obiettivi, mentre qualcuna altra resta al palo nonostante la vocazione: è il caso di Modena che non ha sfruttato il gigantesco traino di “Modena Park”. E dire che sotto la Ghirlandina nei decenni scorsi sono venuti proprio tutti a suonare: da U2, Sting, Simple Minds e Pink Floyd a Prince, Guns&Roses, Nirvana, Radiohead e Oasis solo per citare i gruppi internazionali.

Grazie Boss

Proprio in occasione del concerto di Bruce Springsteen a Ferrara l’ateneo ferrarese ha curato uno studio che mostra l’indotto che la musica dal vivo oggi genera. Tale indotto, per quel concerto, è stato calcolato in 10,3 milioni di euro a fronte di un investimento complessivo di circa un milione di euro. Dunque per ogni euro sborsato ne sono entrati dieci e più, un investimento che ha ben pochi eguali in finanza.

La ricerca di Stefano Bonnini e Michela Borghesi ha mostrato come dei 10,3 milioni generati due e mezzo sono andati alle strutture ricettive, 3milioni per bar, ristoranti, tavole calde e il resto per spese di trasporto, acquisto di prodotti tipici, abbigliamento, visita di mostre. Insomma, un affare per tutti. E lì le presenze internazionali sono state come oro che luccica: chi è venuto al concerto da luoghi extraeuropei è rimasto in media nove giorni (oltre 4 giorni per chi proveniva da stati europei) affrontando una spesa media complessiva di 2.542 euro.

L’arena di Reggio.

Anche l’ex Campovolo di Reggio, oggi RFC Arena inaugurata nel ’22, è un altro caso citato dagli esperti come motore super moltiplicatore delle risorse investite. Lo scorso settembre il sindaco di Reggio Luca Vecchi, dopo il concerto da 80mila presenze dei Pinguini Tattici Nucleari, ha tracciato un primo bilancio di RFC: «Abbiamo avuto 7 concerti dall’inaugurazione, con oltre 500mila presenze, almeno l’80% provenienti da fuori regione, 20mila stranieri. In tutto circa 50 milioni di indotto per l’infrastruttura così attrattiva». Sul tema riflette ora, infine, Dario Domenichini presidente di Confesercenti Emilia Romagna: «Al di là di qualche protesta dei residenti che pure in occasione di concerti così affollati c’è, soprattutto per i problemi di accesso alla zona dell’Arena, l’indotto è indubbiamente presente per tutti. Ci guadagnano senz’altro le strutture ricettive, ma anche la ristorazione perché una fetta dei fans si ferma certo a mangiare e dormire sul territorio: mettiamo che per un concerto con 100mila spettatori sia solo l’1%, sono già mille persone che mangiano e dormono qui. Ci guadagnano anche i negozi perché a differenza di Unipol Arena che è piuttosto fuori dal centro di Bologna, alla RFC Arena si arriva a piedi sia dalla stazione storica a due passi anche dalle vie centrali sia dalla Mediopadana. Certo, i numeri di cui parliamo possono valere per 4-5 appuntamenti all’anno, quelli di maggior richiamo».l