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Il caso

Parla Idrissa Diallo, picchiato da un carabiniere durante l’arresto a Modena: «Hanno continuato in comando. Non ho fatto niente: li denuncio»

Parla Idrissa Diallo, picchiato da un carabiniere durante l’arresto a Modena: «Hanno continuato in comando. Non ho fatto niente: li denuncio»

Il 23enne guineano del video diventato virale pronto ad azioni legali. Mario Campo, il datore di lavoro: «Hanno preso un granchio, è un bravo ragazzo»

15 marzo 2024
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MODENA. «Mi hanno messo le manette e portato vicino alla stazione dei treni (al comando provinciale dei carabinieri di via Pico della Mirandola, ndr) e sono stato picchiato anche dentro l’ufficio».

A parlare è Idrissa Diallo, il 23enne guineano che mercoledì mattina è stato arrestato davanti al teatro Storchi di Modena da due carabinieri del Radiomobile. Il giovane ha parlato ieri mattina, dopo avere trascorso una notte al policlinico per accertamenti.

Sì, perché l’accusa nei suoi confronti è di resistenza a pubblico ufficiale, ma un video girato da un passante ha portato all’apertura di un fascicolo nei confronti dei militari che hanno eseguito l’arresto: uno di loro, in particolare, è stato ripreso mentre colpiva alla testa e al volto il giovane.

I FATTI

Quando Diallo, in risposta alla richiesta dei militari, ha detto di non avere con sé i documenti, i carabinieri avrebbero infatti deciso di portarlo in caserma per identificarlo. Lui, questa è l’accusa, avrebbe opposto resistenza perché non voleva salire sulla gazzella e avrebbe danneggiato l’auto. Però, come detto, le concitate fasi dell’arresto sono state immortalate da un video in cui si nota uno dei due carabinieri colpire il 23enne con almeno tre pugni alla testa e altri sul resto del corpo, prima di caricarlo in auto. Il giovane poi è stato portato in tribunale per la direttissima dove è stato assistito dall’avvocato d’ufficio Barbara Bettelli: il giudice ha convalidato l’arresto, rimettendolo in libertà perché ritenuto non pericoloso. L’udienza è stata rinviata, ma intanto nei confronti dei due militari è stato aperto un fascicolo e loro sono stati temporaneamente spostati ad altre mansioni.

IL RACCONTO

«Ancora non sto bene, ho male alla schiena». Il 23enne ieri è uscito dal pronto soccorso dove a prenderlo è andato il suo datore di lavoro, Mario Campo, titolare del ristorante pasticceria siciliano “Cirisiamo” di San Damaso. Lì, Diallo, ha iniziato a lavorare più di cinque anni fa, dopo essere sbarcato in Sicilia e, nel tempo, ha fatto carriera. «Ieri mattina (mercoledì, ndr) aspettavo il bus per andare a lavorare. Mi hanno fermato i carabinieri che mi hanno chiesto il documento. Ho detto che non l’avevo, ho chiesto di aspettare in modo di farmelo portare da un mio amico. Loro hanno preso il mio zaino e lo hanno buttato a terra per cercare il documento».

Quando non lo hanno trovato, i due militari avrebbero cercato di farlo salire in auto per portarlo in caserma e identificarlo: «Uno ha iniziato a picchiarmi per buttarmi dentro la macchina. Sono stato ammanettato e picchiato anche dentro l’ufficio. Io non ho fatto niente. Ho chiesto: “Perché mi picchi? Perché fai così?”. Stavo aspettando il bus per andare a lavorare. Non mi hanno ascoltato, non mi hanno chiesto dove stessi andando, non mi hanno chiesto il mio nome, niente». Il giovane riferisce di essere amareggiato e ancora provato dall’accaduto: «Non va bene così. Ho avuto paura. Andrò alla polizia a denunciare».

IL DATORE DI LAVORO
Quando mercoledì mattina il giovane non si è presentato a lavoro, Mario Campo, il suo titolare, si è preoccupato: «È qui con noi da cinque anni, da lavapiatti è diventato aiuto cuoco ai secondi. È il mio braccio destro ormai, è molto bravo e apprezzato. Mi è dispiaciuto non vederlo a lavoro, poi mi ha chiamato e mi ha raccontato. Quando ho visto il video sono rimasto scioccato».

Campo continua: «Lui non ha capito cosa stesse succedendo e ha opposto un po’ resistenza. Se gli avessero spiegato che volevano solo identificarlo non sarebbe successo. Ormai è uno della famiglia, è cresciuto con noi. Posso confermare che è un bravo ragazzo, che manda i soldi alla famiglia in Guinea, dove si sta costruendo una casa. Se sarà necessario, sarò pronto a testimoniare per lui. Hanno sbagliato persona. Spezziamo una lancia in favore delle forze dell’ordine che sono tempestate da persone che non sono in Italia per giusta causa».