Gazzetta di Modena

Modena

L’intervento

Coltivare il 25 Aprile, non è per sempre

di Albertina Soliani*
Coltivare il 25 Aprile, non è per sempre

La presidente dell’Istituto Cervi di Reggio Emilia: «Guai a interrompere il sogno di liberazione che anima il mondo ancora oggi»

25 aprile 2024
4 MINUTI DI LETTURA





È il 25 aprile, il giorno più bello del calendario civile. Perché è il sogno di un mondo migliore, per tutti. Anche per quelli che ne ignorano il valore. Il 25 aprile di 79 anni fa chiudeva un’epoca della storia, orribile e disumana. Nasceva un mondo nuovo, nel quale noi siamo nati e vissuti. Con libertà, dignità, pace. Con molti problemi e molte lotte, ma nel campo della democrazia, conquistato con il sangue degli antifascisti, dei resistenti, di un popolo intero. Delle donne. Arato e seminato dai nostri nonni e dalle nostre nonne, dalle madri e dai padri della nostra generazione.

 Per sempre? No, non per sempre. “Dopo un raccolto ne viene un altro”, diceva Alcide. Ma il raccolto non ci sarà, se non avremo seminato, concimato, coltivato. La luce di quel 25 aprile, la forza di quella liberazione, il sogno di quella generazione penetra nei nostri giorni, nella notte della storia che stiamo attraversando.

Quando il bisogno di liberazione sta percorrendo il mondo, quando le migrazioni spingono milioni di persone verso nuovi approdi, quando guerre atroci e terrorismo sconvolgono la vita delle popolazioni civili, dall’Ucraina al Medioriente, al Myanmar, quando aumentando gli investimenti negli armamenti a livello globale, quando sono diventate più fragili le democrazie e crescono le disuguaglianze, quando la propaganda e la menzogna oscurano la verità, quando è in gioco l’equilibrio del pianeta, e l’umanità sembra perdere fiducia nel futuro.

Quando le sfide del XXI secolo sembrano perfino più ardue di quelle del ’900. È adesso il tempo del 25 aprile, è adesso il tempo di quel sogno, nato per squarciare il buio allora dominante, nato dall’antifascismo, dalla resistenza al nazifascismo, nato dalla volontà di reggere l’urto della storia che abbracciava il mondo intero, dalla Normandia a Stalingrado, dalla linea Gotica alle Midway. Quel sogno è più che mai il sogno dell’umanità di oggi. È adesso il 25 aprile. È adesso il nostro 25 aprile.

Guai a rallentare, a interrompere il sogno di liberazione che in ogni tempo guida il cammino dell’umanità. Guai a tradire le nuove generazioni. Educarle alla libertà e alla responsabilità è la nostra resistenza oggi. Non basta fare memoria, occorre vivere oggi la conquista fondamentale di quei giorni: la libertà, la democrazia, la Repubblica, la Costituzione. Scelte morali, prima ancora che politiche. Scelte che uniscono un popolo.

Chi può dimenticare? Chi può sentirsi a disagio nel riconoscersi antifascista? Come può la politica, per interesse di parte, tradire l’identità della nazione? Questa è la notte che stiamo attraversando, in Italia, in Europa, nel mondo. Se l’antifascismo cede il passo al revisionismo, al restringimento della democrazia anche con le revisioni costituzionali verso uno solo al comando, alle oligarchie e al declino del diritto internazionale, allora è tempo di un nuovo 25 aprile.

C’è un problema se alcune delle più alte cariche dello Stato si limitano a recarsi all’Altare della Patria in un giorno immenso come questo, senza unirsi al popolo in festa. C’è un problema se questi rappresentanti al vertice della Repubblica non possono venire a Casa Cervi, se non con “ il pentimento e l’umiltà del patimento”, come scrisse Piero Calamandrei. C’è un problema per la democrazia italiana. Un problema per la coscienza democratica del Paese. Il tempo della Resistenza non è alle nostre spalle. E’ ancora davanti a noi. Un tempo esigente per ogni generazione.

Per resistere devi avere una ragione, la ragione di una scelta. La scelta che chiama il giorno oltre la notte. Ma il giorno viene se riconosci che è notte. Diceva Giuseppe Dossetti nel 1994: “La notte va riconosciuta per notte”. Ecco il nostro antifascismo oggi: scegliere il giorno, e riconoscere la notte dentro la quale vogliamo tenere accesa la luce. In primo luogo sull’Europa, perché noi siamo gli europei, e la pace verrà se l’Europa ci sarà, politica e democratica. Sarà solida la democrazia, con il lavoro, la scuola, la salute per tutti se l’Europa sarà quel che deve essere. È l’Europa la nostra prima resistenza oggi, democratica, antifascista.

 *presidente dell’Istituto Cervi © RIPRODUZIONE RISERVATA