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La manifestazione

Il grido unito del popolo del Modena Pride: «Felici di lottare per i nostri diritti»

di Carlotta Fornaciari
Il grido unito del popolo del Modena Pride: «Felici di lottare per i nostri diritti»

Le voci dei modenesi che hanno partecipato al corteo

25 maggio 2024
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MODENA. A sfidare il grigiore delle nubi ci pensano centinaia di ombrelli arcobaleno spalancati, già al ritrovo al Modena Pride Park non mancano le bandiere e i manifesti. Donne, uomini, bambini, giovani, anziani e tanti amici a quattro zampe con il collare multicolore: migliaia di persone in “abito da cerimonia” sono pronte a festeggiare.

C’è chi vuole far valere i propri diritti, quelli della comunità a cui si sente di appartenere. C’è chi a testa alta, vuole sfidare una società ingiusta, oppressiva. C’è chi, pur non appartenendo alla comunità Lgbtqia+, vuole mostrare il proprio sostegno per la considerazione che tutti meritano di avere. C’è chi ha partecipato al Pride del 2019, e vuole essere presente ancora. Chi si sente discriminato, ignorato, deriso, chi semplicemente vuole far sentire la propria voce sperando di giorno in giorno di vedere un cambiamento. Ci sono giovani, adolescenti, studenti, lavoratori, ma anche padri, madri, adulti, anziani: tutti sono i benvenuti, appartenenti alla comunità e non, originari di Modena o di qualsiasi altro luogo. Dunque, in alto l’orgoglio e i manifesti, e si parte.

«Il Pride è una delle più grandi opportunità che abbiamo di chiedere a gran voce i diritti che questo governo non ci vuole concedere – spiega Erik – Sono una persona omosessuale, e sono felice di essere qua per far valere i miei ideali».

La critica nei confronti delle attuali politiche governative emerge forte e chiaro: «Ho partecipato al Modena Pride anche nel 2019, ma ora sono qui con una soddisfazione maggiore – commenta Domenico Codeluppi, 69 anni – Oggi partecipo in funzione antigovernativa, perché i diritti di questa comunità stanno correndo grossi pericoli, e in virtù di ciò hanno tutto il mio appoggio. Le cose stanno peggiorando giorno dopo giorno, e questo non mi va bene».

Una manifestazione politica, di rivendicazione sociale e di impegno civico. Il mezzo per veicolarla? L’allegria, la spontaneità: «Sono qui per combattere per i miei diritti, per divertirmi ed esprimere ciò che penso, dalle parole all’abbigliamento. Oggi è anche una festa, la nostra festa», commenta Luca Lorenzoni.

È così che partecipare al Pride diventa un gesto politico. Una «presa di posizione di fronte all’indifferenza. La stessa decisione di non schierarsi significa privare questa comunità dei diritti che le spettano. Oggi, quindi, siamo qua perché è la cosa giusta da fare – sostiene Dario Cefariello, 26 anni – Ci sono contesti, anche nella nostra realtà territoriale, che possono diventare più inclusivi: c’è tanto lavoro da fare. Un primo esempio di cambiamento? Non ci sono spazi di socializzazione dichiaratamente inclusivi, che si costituiscano come safe space. Facciamo qualcosa, a partire dal Pride».

Questa è la realtà dei fatti: per molti le cose sembrano non essere cambiate. Non abbastanza perlomeno: «Spesso viene dato per scontato che la comunità Lgbt sia già stata accettata, che sia tutto normale. Anzi, molte persone sembrano insinuare che i diritti riconosciuti “siano troppi”, che queste manifestazioni siano eccessive – commenta Silvia Mangini, 25 anni – La verità è che sulla carta siamo rimasti fermi da anni, nessuno è ancora al sicuro come dovrebbe essere».

Sentirsi apprezzati, sentirsi liberi di essere sé stessi, senza vergogna: «Io sono qua oggi perché c’è gente come me, e per una volta non ho l’impressione di venire giudicata in quanto me stessa – commentano Beatrice Rinaldi e Giulia Rocchi – Il motivo per cui partecipiamo al Pride è la volontà di combattere la vergogna. Tante volte ci vergogniamo di cose per cui non dovremmo: qui oggi siamo liberi di essere chi vogliamo, combattendo il pensiero di chi di solito non ce lo permette, anche solo attraverso l’indifferenza. Al Pride non partecipano solo persone Queer, ma anche chi vuole prendere semplicemente posizione e dire “Ci sono”. Il progresso non si fa estraniandosi dal problema. Si fa solo prendendo posizione».

A trasmettere il messaggio non sono solo le bandiere, la musica, gli interventi, i cori, i manifesti. È la coesione: «Più siamo numerosi, più dimostriamo quanto sia indispensabile che a una larga fetta della popolazione vengano riconosciuti i propri diritti. La mentalità della gente sta cambiando, basti vedere in quanti siamo oggi a manifestare. Certo, siamo avanti anni luce rispetto alle realtà di altri paesi, ma dobbiamo continuare a impegnarci».

Nonostante sia necessario ancora molto impegno per garantire una realtà equa a tutti, Modena si riconferma una «città “friendly”, aperta. Anche la manifestazione di oggi, con così tanti partecipanti, è un segno che forse le cose si stanno volgendo dalla parte giusta. Una goccia in un mare insomma, ma è così che si comincia – sostengono Beatrice Battani e Fabiola Peverari – Un movimento che sicuramente incentiverà i più curiosi a informarsi, a schierarsi a loro volta. Insomma, l’unione fa la forza».

Dai bambini agli anziani: in mezzo alle “linee di combattimento” non manca nessuno. Modena si schiera. «Nel 2024, discriminare qualcuno semplicemente perché vive la propria vita senza limitare la libertà degli altri è ridicolo – concludono Francesca Fainardi, Sabrina Lelli e Lisa Andreolli – È ridicolo lo stesso fatto di dover “accettare” in qualche modo l’identità o l’orientamento sessuale altrui. La “normalità” è la libertà di essere ciò che si vuole, ed è ora che le cose inizino ad evolversi. Il grande scopo di manifestazioni come questa è proprio la sensibilizzazione di chi ignora e continua a farlo: c’è ancora troppa chiusura nei confronti dell’argomento. Un modello patriarcale e retrogrado, sostenuto dal governo che ci guida. Dobbiamo ricordare ai nostri politici che esistiamo».