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Ecco Appennino Bike Tour: «Riscoprire la montagna in bici lontano dalle auto»

di Alice Benatti
Ecco Appennino Bike Tour: «Riscoprire la montagna in bici lontano dalle auto»

L'iniziativa ha fatto tappa a Lama Mocogno inaugurando le frecce segnaletiche per i cicloturisti

03 luglio 2024
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MODENA. Appennino Bike Tour, il viaggio dalla Liguria alla Sicilia lungo la Ciclovia dell’Appennino, da fare in sella alla bici, organizzato da Legambiente e Vivi Appennino, lo scorso 26 giugno è passato anche da Modena. Precisamente a Lama Mocogno, tra le tappe di questo itinerario unico nel suo genere, dove è stata inaugurata la segnaletica del percorso. Un totale di 3100 chilometri, 14 Regioni toccate insieme a 56 parchi e aree protette, 300 Comuni attraversati e 44 tappe, dove sono disponibili anche le postazioni ciclo-officina e di ricarica per le e-bike realizzate ed inaugurate da Misura (partner commerciale dell’iniziativa) nell’estate 2021. Grande novità dell’edizione 2024 è uno speciale passaporto su cui i ciclisti potranno accumulare timbri, così come fanno i pellegrini lungo il Cammino di Santiago o, restando più vicini a noi, la Via Francigena. Tutti gli operatori situati lungo l’itinerario (o a massimo 15 km dal percorso) riconosciuti bike friendly sono diventati punti ufficile in cui farsi timbrare il “Passport Appennino Bike Tour”, testimonianza della partecipazione a questo importante programma nazionale di sviluppo dell’Appennino, inteso come un unicum da Nord a Sud del Paese, facilmente raggiungibile seguendo la direttrice di Appennino Bike Tour. A raccontare come è nata la più grande ciclovia d’Italia e come si svolge questa pedalata lungo la Penisola è Sebastiano Venneri, responsabile nazionale turismo di Legambiente.

Quando nasce la storia di Appennino Bike Tour?
«Nel 2017, in occasione del G7 Ambiente presieduto dall’Italia, per dare risposta al terremoto nelle Marche del 2016 portando buona economia nelle aree interne del Paese colpite. L’idea è stata poi di allargare l’area all’Appennino con l’obiettivo di creare una destinazione unica per il Paese dato che ha caratteristiche simili dalla Liguria alla Sicilia. Volevamo un itinerario che fosse non solo bello ma sicuro per chi pedala quindi lo abbiamo disegnato soprattutto su piccole strade provinciali: l’intero tracciato non passa quasi mai su strade statali. L’Italia è forse l’unico Paese che può contare su una rete capillare di strade a bassa intensità di traffico che collegano le aree interne del paese, un tempo molto popolate e adesso ciclovie di fatto. Dopo averne verificato la fattibilità, nel 2022 abbiamo inaugurato le aree di sosta e di ricarica nei 44 Comuni tappa della ciclovia, posizionate a una distanza di 60-70 km l’una dall’altra, considerata la distanza percorribile in relativa tranquillità in una giornata da un ciclista».

E in questi giorni sta diventando la più lunga direttrice interamente segnalata d’Italia.
«Esatto. Nel volgere di pochissimi anni siamo riusciti a rispondere alla forte domanda dei cicloturisti, che cercavano tracciati nuovi in Appennino, culla del nostro Paese: il nome geografico Italia nasce infatti a Saepinum, il Comune molisano ai piedi del Massiccio del Matese. Non solo: la Ciclovia dell’Appennino, che collega il cuore e l’anima dell’Italia, passa dalla Pietra di Bismantova di Castelnovo Monti, in provincia di Reggio Emilia, dove Dante Alighieri ambientò il Purgatorio, da Bobbio, che ha ispirato “Il nome della Rosa” di Umberto Eco, da 56 parchi nazionali e aree protette del Paese. Per la segnaletica abbiamo utilizzato 2 milioni di euro recuperati dai deputati Traversi e Floridia ai tempi del governo Conte II grazie all’emendamento ad un provvedimento con cui si elargivano finanziamenti per il periodo post pandemico».

In che cosa consiste esattamente questa nuova segnaletica che avete inaugurato anche sul nostro territorio?
«Sono frecce segnaletiche posizionate a distanza di quasi 2 km l’una dall’altra che consentono di percorrere il tracciato senza fare ricorso all’utilizzo dello smartphone: una delle cose più fastidiose per un ciclista e cicloturista».

Come si sta svolgendo questa edizione di Appennino Bike Tour?
«C’è un gruppo di persone che sta percorrendo tutta la Ciclovia dell’Appennino, facendo tappa in due Comuni al giorno. In ogni località viene scoperta una delle tante frecce segnaletiche e si svolgono cerimonie differenti. In qualche caso è venuto il prete a benedirle. Inoltre nominiamo i nostri ambasciatori dell’Appennino, il riconoscimento assegnato da Legambiente a quei soggetti (individuali o collettivi) che si sono distinti per attività di presidio del territorio ed iniziative di sostegno e promozione ai luoghi dell’Appennino. Va detto, poi, che il successo dell’iniziativa è dovuta anche all’accompagnamento della tecnologia perché l’e-bike ha consentito a nuove porzioni di territorio di diventare ciclabili e, allo stesso tempo, e a tante persone di scoprirsi ciclisti. Parliamo, ad esempio, di over 60 e di persone in sovrappeso, che prima non sarebbero riuscite a fare cicloturismo in un territorio come l’Appennino, sempre più frequentato, in particolare d’estate, perché garantisce temperature più accettabili».

In che modo il cicloturismo, in crescita anche in Emilia-Romagna, può migliorare un territorio come l’Appennino?
«Molto spesso i turismi hanno un grosso impatto sui territori. In questo caso, invece, fa del bene ma quella del cicloturismo è una rivoluzione “disordinata” nel senso che mancano i soggetti che accompagnano questo fenomeno. Girare in bici significa entrare in sintonia con i luoghi. Magari quelle strade si erano già percorse in macchina ma non è la stessa cosa . Così si scoprono comunità coese che hanno una forte identità ed elementi di autenticità. Io non credo al fatto che il turismo possa essere la soluzione delle aree interne ma sicuramente un fattore di innesco importante che può portare occasioni di crescita a territori altrimenti condannati alla desertificazione».

Quanto è cresciuto il cicloturismo?
«Nel 2023 si parla di 57 milioni di presenze a livello nazionale, del 4% superiore rispetto al dato 2019 (54 milioni di presenze), anno che, come ben sappiamo, ha rappresentato il picco del turismo italiano nell’ultimo decennio. A livello economico, poi, si parla di un impatto economico diretto di spese stimabile in oltre 5,5 miliardi di euro al 2023, in crescita del 35% sul 2022 e del 19,1% sul 2019 (4,6 miliardi). Oggi l’approccio nelle aree interne è quello di attrezzare l’esistente, ad esempio aprendo ciclofficine o mettendo a disposizione persone che trasportano i bagagli da una tappa all’altra. Parlando di spesa turistica nella località di vacanza scelta, è da notare che il cicloturista in Italia, nell’estate 2023, ha speso in media 95 euro al giorno per l’acquisto di beni e servizi, un importo che per gli stranieri sale a 104,5 euro».