Tiezzi e Ghiaurov allo Storchi: «Fedra conquista il pubblico giovane»
Da domani fino domenica al teatro Storchi l’allestimento dal testo di Racine
MODENA Dopo aver affrontato negli anni le tragedie di Sofocle (Antigone) ed Euripide (Ifigenia in Aulide e Medea) , con Fedra, Federico Tiezzi – uno dei maestri della regia italiana – torna al mito greco, dirigendo sul palco Elena Ghiaurov nel testo di Jean Racine, scritto nel 1677 a partire da Ippolito di Euripide e Fedra di Seneca.
Lo spettacolo sarà al Teatro Storchi di Modena da domani a domenica (giovedì e venerdì ore 20. 30; sabato ore 19; domenica ore 16 quando la replica sarà audio descritta, grazie alla collaborazione con il Centro Diego Fabbri di Forlì) ; sabato ore 16. 30 è previsto un incontro con il regista e la compagnia, nell’ambito del ciclo Conversando di teatro, e alle ore 19, laboratorio di magia per bambini a cura di Lalo Magic (info e biglietti: 059 2136021 | biglietteria@emiliaromagnateatro. com) .
Oltre alla protagonista Elena Ghiaurov (Fedra) , Tiezzi guida un cast formato da Martino D’Amico (Teseo) , Valentina Elia (Ismene) , Alberto Boubakar Malanchino (Ippolito) , Marina Occhionero (Aricia) , Bruna Rossi (Enone) e Massimo Verdastro (Teramene) e firma la scenografia con Franco Raggi e Gregorio Zurla. Nel palazzo reale di Trezene, in una Grecia mentale e onirica di cui restano solo rovine, all’interno di una stanza della reggia simile a una camera di tortura, Fedra si dibatte nella morsa di una passione tanto irrefrenabile quanto impossibile: ama il figliastro Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo. Non ricambiata nella passione, Fedra calunnia Ippolito di un tentativo di stupro. Il ritorno di Teseo sarà il segnale di un inesorabile tracollo, che farà precipitare gli eventi verso la tragedia.
Tiezzi, ha scelto la traduzione di Giovanni Raboni, uno dei più grandi poeti del Novecento italiano, a 20 anni dalla sua scomparsa.
«Grazie alla sua traduzione meravigliosa, ci troviamo difronte a versi di incredibile attualità. La necessità, oltre al significato, è stata anche quella di far arrivare la musicalità di questi versi: bisogna ascoltare con attenzione questo testo che non è bello, è sublime, e parla all’anima di tutti noi. Fedra è diventata nei secoli, la più grande opera sulla passione erotica che il teatro abbia mai prodotto».
Ghiaurov, come parla al pubblico di oggi questo testo del 1677?
«Parla molto al pubblico di oggi, ne abbiamo avuto la prova in questi giorni nelle repliche fatte a Cesena, soprattutto ai giovani, che pongono un ascolto veramente formidabile e alla fine vengono a salutarci commossi. Che miracolo è, io non lo so spiegare, probabilmente questo linguaggio affascina molto ed è una tematica in cui noto che le donne, le ragazze, si identificano. Con ciò, naturalmente intendo per quanto riguarda le passioni, i sentimenti, i drammi, i dolori, le rabbie e i furori che agitano Fedra e che sono umani, di tutte e tutti noi in un qualche modo».
Il desiderio femminile è centrale in questo dramma: quante sfaccettature ha?
TIEZZI: «Uno dei motivi per cui l’ho messo in scena, è proprio perché parla di desiderio femminile in un momento della storia, del mondo, della realtà, in cui è tutto sottaciuto ma finalmente si cominciano a vedere gli spiragli per cui l’orientamento e il genere diventano per fortuna più fluidi, ed ecco che finalmente il tema del desiderio femminile può essere affrontato di nuovo, attraverso uno dei grandi testi della letteratura teatrale. Credo che il pubblico dei più giovani sarà quello più attratto dallo sviluppo spettacolare di questo tema».
GHIAUROV: «Il desiderio è una pulsione irrefrenabile in Fedra, trascende la sua volontà, è uno strazio del cuore, pulsione che non riesce a dominare, desiderio fisico, passione smodata ma anche desiderio immerso nel dolore del rifiuto, desiderio punito, dolente».
La regia va a fondo nell’indagine dei personaggi, cogliendo le loro trasformazioni sotto la forza di un desiderio che si trasforma in colpa e in peccato e spingendosi alla suggestione di una vera e propria seduta psicanalitica.
«Racine entra nella profondità più assoluta dell’anima dei personaggi, riesce a penetrare in maniera totale, è una cosa che raramente si vede in teatro, bisogna risalire davvero all’età classica. – spiega Tiezzi – Colpisce la successione degli stati emotivi interiori di Fedra, che passano dall’amore alla speranza alla gelosia, vediamo la sua trasformazione continua, fino alla sua morte per avvelenamento».l © RIPRODUZIONE RISERVATA