Dalla Bassa all’Himalaya indiano: l'associazione “Prima Gioco” porta il basket a oltre 3700 metri
La società modenese fondata nel 2011 da Alberto Ganzerli è scesa in campo per i bambini della valle dello Zanskar
MODENA. Dalla Bassa modenese all’Himalaya, il dislivello è notevole sia in termini di altitudine che di abitudini, ma come disse Albert Einstein, “il gioco è la forma più alta di ricerca” e proprio a questo motto l’associazione “Prima Gioco” sembra essersi ispirata per la propria iniziativa.
Da Modena all’India
“Prima Gioco” società della Bassa fondata nel 2011 da Alberto Ganzerli (presidente dell’associazione) e da Giulietta Baraldi (vice-presidente) a cui si è aggiunto dopo breve tempo Alessandro Bergamini, sviluppa nei comuni della Bassa stessa attività di minibasket (450 bimbi tesserati) e in collaborazione con la neuropsichiatria infantile di Mirandola attività di Basket Inclusivo, un tipo particolare di pallacanestro dove ragazzi e ragazze con disabilità giocano insieme a ragazzi e ragazze senza disabilità (in totale 8 squadre con 60 ragazzi con disabilità coinvolti). Nel giugno scorso, “Prima Gioco”, con un gruppo di 8 persone fra soci dell’associazione e volontari, ha portato il suo metodo e i suoi valori nella valle dello Zanskar, una delle regioni più isolate dell’Himalaya indiano. Qui, a oltre 3.700 metri di altitudine, i villaggi sono raggiungibili solo in estate, l’inverno dura otto mesi, le scuole hanno risorse limitate e l’infanzia si vive tra lavori domestici, rituali religiosi e lunghi silenzi. Il gioco, nella sua forma più libera e spontanea, è spesso assente.
Le parole di Ganzerli
«È proprio qui che abbiamo voluto intervenire – racconta Alberto Ganzerli, presidente di “Prima Gioco” – Perché il gioco non è un passatempo: è un diritto e un mezzo educativo potentissimo. A differenza dello sport, che presuppone regole codificate, competizione e spesso selezione, il gioco è accessibile, libero, inclusivo. Serve a crescere, a relazionarsi, a conoscersi. È ciò che precede ogni altra forma di apprendimento». L’iniziativa è stata possibile grazie ad Alessandro Bergamini, istruttore minibasket e fotografo, che da anni frequenta e conosce il territorio dello Zanskar dove ha realizzato anche reportage fotografici di spessore. «È una terra che mi è entrata dentro – racconta Alessandro – e mi sembrava naturale far nascere proprio qui il primo progetto internazionale dell’associazione. Una valle autentica, poco toccata dal turismo, ma con grande umanità e disponibilità».
L’impegno
Nel piccolo villaggio di Karsha, “Prima Gioco” ha sistemato un campetto da basket, installato nuovi canestri, portato palloni, magliette e materiale sportivo, e svolto lezioni di minibasket inclusive, coinvolgendo bambini e bambine di due scuole e anche giovani monaci tibetani del vicino monastero. Il progetto è stato interamente autofinanziato e rappresenta una prima esperienza di apertura internazionale, in continuità con l’attività portata avanti ogni giorno nel territorio modenese. Non ci sono medaglie, né podi da conquistare, ma un semplice gioco da condividere. Il gioco come linguaggio universale, che travalica le differenze, le altitudini, le nazioni, le etnie e qualsiasi altra cosa. Ed allora forse, tra quei bambini del Karsha, un giorno nascerà qualcuno che si ricorderà di quel giorno in cui, da molto lontano, qualcuno venne a insegnargli che giocare – davvero – significa sentirsi vivi e che il gioco – come diceva il filosofo e saggio cinese Lao Tzu – è la medicina più grande.