Cisco Bellotti, ex Modena City Ramblers: «Tutto nato per gioco, non cerco la fama»
Il musicista si racconta agli studenti del liceo Fanti
CARPI. Alla scoperta della storia di un cantante del territorio che ha rivoluzionato la musica emiliana, tra infanzia, carriera e famiglia. Un papà di famiglia appassionato di musica fin dall’infanzia che iniziò la sua carriera musicale dopo un simpatico episodio ad un concerto di un altro gruppo, dove salendo sul palco e cantando, scoprì il suo grande talento. «I miei genitori mi hanno sempre assecondato perché hanno visto che la musica era la mia unica passione insieme al calcio e nonostante il precedente lavoro mi hanno spronato a seguire il mio sogno che avevo da quando ero piccolo», afferma Cisco Bellotti. Ma da cosa è nato il nome Cisco? «A 6 o 7 anni giocavo a calcio e andavo a fare gli allenamenti con una maglia con la scritta San Francisco, lavandola spesso si usurò la prima parte della scritta e rimase solo Cisco».
«I MCR? Era un gioco»
Da qui la nascita dei Modena City Ramblers. «All’inizio era un gioco, Ramblers era un nome ricorrente tra i gruppi del territorio ma anche alle tradizioni irlandesi. Dopo il primo album intitolato Riportando tutto a casa (1994), che andò molto bene, la casa discografica ci chiese il secondo album, in quel momento capimmo che sarebbe potuto essere un vero e proprio lavoro». In un primo momento si ispirarono all'omonimo gruppo folk irlandese: Pogues. Cisco abbandona i Ramblers nella fine del 2005 per intraprendere la sua carriera da solista. “Per me la musica è emozione, non sono in cerca di fama e non mi sono mai ritenuto famoso.
I “no” detti a Sanremo
La musica non è una gara ma è raccontare storie e ricollegarsi alle proprie radici», Cisco ha rifiutato più volte di partecipare al festival di Sanremo. «Ho fatto molti concerti, sia davanti a poche persone che a centiania di migliaia di persone, dove vedi tutta la piazza in visibilio e che salta a ritmo delle tue canzoni, ma non importa chi sia il pubblico, è sempre una grande emozione e il ricordo rimarrà sempre impresso. Ad esempio di recente ero al Kalinka di Carpi davanti a poche persone, ma è stato memorabile. A quale album sono più legato? Gli album sono come i figli, non c’è uno che preferisco agli altri, ma forse uno è Riportando tutto a casa di cui stiamo facendo la celebrazione dei 30 anni da un anno a questa parte, o anche Viva la vida, muera la muerte! dove all’interno ci sono brani intitolati i 100 passi e Ebano molto importanti per me. Degli album da solista invece, sono La lunga notte che ha ricevuto un buon giudizio da parte della critica, e Canzoni dalla soffitta che ho scritto durante la pandemia».
«La trap? Non mi appassiona»
Oggi il genere più ascoltato è la trap: «Ho modo di conoscere questo genere musicale attraverso i miei figli, ma non mi appassiona. Ho avuto qualche contatto con rapper della mia generazione, come Frankie hi-nrg Mc e anche i “99 Posse”. Io faccio veramente fatica a capire dove vuole andare questo genere di musica: sembrano uguali e usano l’autotune che, gli omologa l’uno all’altro. Credo che sia giusto differenziarsi dagli altri cantanti e ciò non sta succedendo, molto probabilmente per richieste del mercato. Non mi piacciono molto nemmeno i contenuti dei testi trap. Mi fa pensare ad un genere di musica che rispecchia la società di oggi, e che non cerca di stravolgere e migliorarla. Detto ciò, faccio un discorso più ampio: ogni generazione ha la sua musica che le generazioni precedenti fanno fatica a comprendere».
Conclude facendo l’esempio dei Beatles che hanno permesso ai giovani di essere capiti e compresi e così succede ciclicamente. Cisco è un artista che ha saputo coniugare la passione per la musica e l’autenticità del suo percorso con il legame alle tradizioni del territorio emiliano. Il suo approccio alla musica, non come una ricerca della fama ma come un racconto di emozioni e storie, lo rende una figura affascinante nel panorama musicale italiano.
*studenti del liceo Fanti, classe 3V