Allarme Sant’Anna: «Servono risorse per il carcere di Modena»
Così l’avvocato Ricco e l’onorevole Ascari: «I detenuti fanno parte della nostra comunità»
MODENA. «I nostri istituti di pena sono traboccanti di detenuti. A Modena, la Casa Circondariale di Sant’Anna ospita oltre 550 detenuti, a fronte di una capienza di 370 posti», lo ricorda l’avvocato penalista Roberto Ricco.
«Esperienza disumanizzante»
In aggiunta, a causa di una scarsità cronica di agenti della polizia penitenziaria e di personale sanitario e amministrativo negli istituti di detenzione italiani, la vita dentro i carceri diventa «un’esperienza disumanizzante». Alla luce del sovraffollamento, purtroppo le condizioni di vita dei detenuti sono peggiorate, «quasi ovunque si riscontrano deficit dell'edilizia, celle vecchie e maleodoranti, bagni indegni, assenza di progetti lavorativi e ricreativi per i detenuti, carenza di assistenza sanitaria», questo lo testimonia l’avvocato e deputato del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari, a seguito delle sue numerose visite ispettive.
L’allarme dei suicidi
Il segnale d’allarme, già quest’anno, è stato innescato dai recenti suicidi verificatisi nel carcere Sant’Anna a partire dallo scorso Natale, preannunciando un futuro incerto. «Lo scorso anno è stato un caso record con oltre 90 suicidi di detenuti e quest’anno non sembrerebbe esser da meno. Il pensiero va rivolto al futuro: come possiamo evitare che ci siano così tanti decessi e suicidi?», riflette Ricco. La risposta risiede nel «garantire supporto psicologico continuo ai detenuti, migliorare le condizioni della struttura e incrementare il personale per prevenire episodi simili. Servono risorse», così Ascari. Essendo tale problematica ben nota anche alle autorità, nel corso degli anni, sono state proposte diverse riforme del sistema penale e penitenziario italiano, come la riforma che risale a 50 anni fa, che non ha portato i risultati sperati.
Approccio da cambiare
Le modifiche degli anni ’90, come la modifica Simeone, e le riforme del 2018-2019, volte ad ampliare l’accesso alle misure alternative «sono risultate inadeguate – sostiene Ascari – l’innalzamento delle pene per reati minori contribuisce all'aumento dei detenuti, e i tempi della giustizia sono troppo lunghi: molti detenuti restano in carcere nonostante abbiano maturato il diritto a misure alternative, perché le decisioni vengono prese in ritardo». Per Ascari risulta doveroso cambiare «l’approccio punitivo trasformandolo in un sistema maggiormente orientato alla rieducazione e al reinserimento sociale; è la nostra Costituzione a scriverlo nero su bianco».
Ancora Ricco: «Conoscere le condizioni dei propri assistiti è moralmente difficile, perché non consentono di perseguire l’obiettivo principale della pena, che secondo la Costituzione è la rieducazione». La situazione nella Casa Circondariale di Modena è preoccupante, «considerando che su 550 detenuti ci sono solo 40 lavori da assegnare», asserisce Ricco. Questo significa che molti detenuti non hanno alcuna opportunità di lavorare e di acquisire competenze utili per il reinserimento. Risulta urgente, dunque, un intervento per fronteggiare il sovraffollamento, che implichi provvedimenti strutturali, aumenti di personale penitenziario (il quale si vede addossato una mole di lavoro insostenibile), una maggiore assistenza psicologica e socio-sanitaria, e maggiore implementazione di pene alternative. Spiega Ricco: «Il carcere di Sant'Anna, anche se fuori dal centro città, ne è parte. Pensare che i detenuti siano fuori dalla società è sbagliato, come non pensare alle loro condizioni per sgravarsi la coscienza». «Le carceri non sono discariche sociali, ma luoghi di riscatto e di reinserimento sociale», chiude Ascari.
*studenti del liceo Muratori-San Carlo, classe 5C