L’associazione “Udi” in campo per i diritti di tutte le modenesi
La presidente Ballista: «Siamo un’associazione femminile e femminista»
MODENA. 1943. Italia, cuore della Seconda guerra mondiale. Gruppi di donne si uniscono alla resistenza partigiana contro l’occupazione nazifascista. Da qui le prime radici dell’Udi, antifascista per definizione.
La prima lotta per il suffragio femminile
Finita la guerra (1945), i gruppi di difesa della donna si trasformano nell’Udi, oggi Unione Donne in Italia. «Siamo un'associazione femminile e femminista che comprende al nostro interno donne di qualsiasi provenienza», parole di Serena Ballista, presidente Udi Modena. «La prima lotta è per il suffragio femminile, cioè per la possibilità di votare ed essere votate, senza la quale la democrazia non sarebbe nata come tale». Infatti, le battaglie dell’Udi si muovono nel solco dell'articolo 3 della Costituzione, che le madri costituenti stesse hanno contribuito a scrivere: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso».
Ben undici costituenti
Su 21 madri costituenti, ben 11 facevano parte di Udi: Teresa Noce e Teresa Mattei sono le donne alle quali dobbiamo l'articolo 3 per come lo conosciamo. La presidente aggiunge: «E se così non dovesse essere, perché vengono agite forme di discriminazione o violenza contro le donne in quanto tali, allora è compito dello Stato correggere il problema affinché le donne godano di piena cittadinanza». Alcune statistiche del “Piano di Uguaglianza di Genere 2024-26” dell'ISTAT indicano che «nel 2019 e 2021 le donne che hanno usufruito dei congedi parentali sono in netta maggioranza rispetto agli uomini. Lo stesso fenomeno si registra per la fruizione dei permessi per la legge 104, a conferma del fatto che sono le donne a farsi maggiormente carico delle attività di cura, con ripercussioni negative sulla loro occupazione e autonomia economica».
L’impegno per le leggi
Le leggi più importanti sono state ottenute grazie a un forte protagonismo di Udi, impegnata per debellare la disparità salariale, ottenere la legge sul divorzio, sull’aborto e contro la violenza sessuale, ottenere i servizi per l’infanzia, cancellare il delitto d'onore e il matrimonio riparatore, riformare il diritto di famiglia eliminando l’istituzione del “capo famiglia” e instaurare una democrazia paritaria. «Nascendo donne condividiamo tutta una serie di ostacoli, difficoltà, pericoli, risultato di millenni di cultura patriarcale, ma anche desideri e aspirazioni che, praticando la sorellanza, possiamo tramutare in lotte comuni, dove siamo una per tutte e tutte per una. Questa è la relazione politica alla base della nostra “Unione”, che dà il nome alla nostra organizzazione».
«Una scelta politica»
L’Udi di oggi sceglie le direttrici principali lungo le quali spendersi: «È volontariato il nostro: ognuna di noi ha un lavoro, una famiglia, le proprie questioni di vita. Tutto il tempo che utilizziamo per Udi lo prendiamo dal tempo libero, sobbarcandoci spesso i costi perché crediamo in quello che facciamo. La nostra è una scelta politica», afferma Serena Ballista. Udi si concentra soprattutto sul lavoro di controcultura alla misoginia all'interno delle scuole e si costituisce parte civile nei processi per femminicidio, violenza sessuale e violenza domestica per non lasciare da sola la parte lesa: avere al proprio fianco un'associazione può fare la differenza, anche sul piano della prevenzione della vittimizzazione secondaria, per cui l’Italia è stata più volte condannata dalla Cedu di Strasburgo.
Immaginario da cambiare
«Fino a quando ogni singolo uomo, per il solo fatto di non aver mai alzato un dito contro una donna, si sentirà al riparo delle proprie buone intenzioni, non riusciremo a scalfire il fenomeno della violenza contro le donne: la violenza esiste perché c’è un immaginario collettivo che la consente e la legittima, e quell’immaginario lo condividiamo in quanto componenti di una stessa società. Per metterlo in crisi serve anzitutto accorgersene e darsi il desiderio e la volontà di farlo saltare per aria. Ogni 60 ore una donna viene uccisa in quanto tale per la mancanza di questa disponibilità a mettersi in discussione come uomini. Allora la domanda è: vogliamo cambiarla insieme questa società? La nostra, è una chiamata alla democrazia».
*studentesse dell’istituto Venturi, classe 4M