Alle radici di Play: «Così è nato il maxi festival»
Domenico Reggio svela le origini dell’evento diventato un simbolo cittadino
MODENA. Entriamo a Play, festival del gioco, grazie all’intervista a Domenico Reggio, uno degli organizzatori, che si occupa di logistica per formazione (l'organizzazione fisica degli spazi, la gestione dei flussi e la sicurezza), dalla sua prima edizione e prima ancora della ModCon, manifestazione da cui esso nasce. Quando abbiamo incontrato Reggio gli abbiamo fatto diverse domande, e la prima è stata: “Come è nata l’idea del festival del gioco?” Era davvero importante per noi fare un salto indietro nel tempo.
«Siamo riusciti nell’impresa»
«Play, festival del gioco, nasce essenzialmente come evoluzione di ModCon, ovvero una convention di giocatori e appassionati che si ritrovano grazie ai vari tipi di gioco di ruolo, da tavolo, tridimensionali e tutti i tipi di gioco analogici da fare in presenza. Via via l’evento era cresciuto molto fino a raggiungere i limiti fisici degli spazi che ci ospitavano allora, cioè la polisportiva Sacca, così, negli ultimi anni si è dovuta prendere una decisione: se cambiare sede del ritrovo, oppure prendere altre strade. Così, il gruppo dirigente allora di ModCon, insieme anche al Club Tremme, ha scelto di abbracciare l'idea di spostare l'evento in fiera e attirare tutto quel pubblico di non giocatori o di giocatori occasionali che pensavamo potesse essere interessato al gioco in tante sue sfaccettature. Siamo riusciti in questa impresa, anche grazie al fatto di aver trovato all'interno di Modena Fiere una persona, l'allora amministratore delegato, Paolo Fantuzzi che, per sua formazione, era vicino al mondo del gioco».
«Impariamo giocando»
Domenico Reggio ci ha poi parlato di Play on Tour, un’iniziativa itinerante del Play Festival del Gioco che porta i giochi da tavolo in diverse esposizioni e che tuttora vede la partecipazione di oltre 120 associazioni italiane. A questo punto ci è sorta una curiosità: perché oggi una persona, un giovane, si dovrebbe avvicinare a un evento come Play o in generale al gioco di ruolo? «La prima risposta sarebbe perché no – ribatte Domenico Reggio – In generale, noi impariamo tutto quello che sappiamo giocando. Per esempio, i bambini apprendono moltissime cose importanti grazie al gioco. Inoltre è un'opportunità per socializzare e stare insieme, utile anche perché, crescendo, ci troveremo spesso inseriti in dei gruppi, più o meno grandi, sia al lavoro ma in generale nella vita. Quindi avere già acquisito lo stare insieme agli altri divertendosi può essere la chiave di volta per fare le cose bene». Aggiunge, riguardo al gioco di ruolo: «Interpretare delle parti è molto utile proprio per l'interazione con tante persone diverse con cui ci troveremo ad avere a che fare nella vita».
«Un’eccellenza italiana»
Un’altra domanda che gli abbiamo posto è se proponessero attività anche all’interno di scuole o altri ambienti, e la risposta è stata positiva, visto che a Play sono protagoniste anche le scuole. «Noi vogliamo collaborare con realtà differenti come biblioteche, scuole, con cui abbiamo un ottimo rapporto, infatti quest'anno verranno in visita circa 100 classi, il mondo scientifico ed universitario. Abbiamo 7 atenei – all'interno di Play – che propongono un tipo di gioco che definiamo Educational, cioè che fa giocare e divertire, ma intanto spiega determinati argomenti. Quindi, come detto anche precedentemente, crediamo che il gioco possa essere un vettore importante di conoscenze e competenze».
Infine, ci siamo chiesti: si può considerare Play un'eccellenza italiana e se sì perché? «Certo! A livello italiano è il più grande evento di questo tipo. Oltretutto, è importante perché sono rappresentati e presenti tutti i distributori e tutti quelli che sono autori di gioco italiani cioè tutte le realtà che si occupano a livello professionale di gioco».
*studenti del liceo Corni, classe 3C