L’astrofisico Gaspari: «Un ottimo momento per essere ricercatori»
Viaggio nell’universo con il professore dell’ateneo di Modena e Reggio Emilia
MODENA. Abbiamo intervistato Massimo Gaspari, ricercatore internazionale sui buchi neri, professore di Astrofisica dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche.
Gaspari, da giovane, cosa l’ha ispirata a dedicarsi all’astrofisica?
«Sicuramente i miei professori del liceo: fisica, matematica, chimica. Mi hanno influenzato molto nei concetti scientifici di base al liceo scientifico di Bolzano. Da lì è nata la passione per la ricerca, e in particolare per l’astrofisica. Ricordo che una volta, in biblioteca, mi capitò tra le mani uno dei cataloghi astronomici con centinaia di immagini di galassie e nebulose. Erano immagini strepitose: oggi se ne trovano ovunque su internet ma all’epoca non era così. Quelle immagini mi hanno affascinato profondamente, e da lì è partita la voglia di studiare astronomia e astrofisica, per capire dove ci troviamo nell’universo».
Gli studi universitari per l’astrofisica sono stati impegnativi?
«Ho fatto la laurea triennale e poi la magistrale in astronomia a Bologna. Sicuramente le materie scientifiche - fisica, matematica, informatica - richiedono molto impegno. Lo studio richiede concentrazione e motivazione. È fondamentale avere la passione».
Quanti anni ci vogliono per diventare astrofisico?
«Per diventare ricercatore servono 3 anni di laurea triennale, poi 2 di magistrale, quindi in totale 5 anni. Successivamente, quasi nel 99% dei casi, è necessario un dottorato di ricerca, che dura altri 3 anni, durante i quali sviluppi un progetto specifico. Dopo il dottorato si diventa "postdoc", ovvero ricercatori post-dottorato, e si lavora in università o istituti di ricerca. A quel punto si può decidere se proseguire come ricercatore oppure tentare la strada per diventare professore universitario».
Quale argomento dell’astrofisica l’aveva interessata di più?
«All’inizio mi interessavano le galassie. Poi mi sono avvicinato allo studio dei buchi neri e oggi sono tra gli esperti internazionali in questo campo. I buchi neri racchiudono, secondo me, entrambe le sfaccettature della fisica fondamentale: da un lato la relatività generale di Einstein, dall’altro i principi dell’astrofisica. Oggi sappiamo che in ogni galassia c’è un buco nero, compresa la nostra. Se avete visto Interstellar, nel film si parla proprio di questo. In realtà, nella nostra galassia ce ne sono milioni, anche se non li vediamo, e lo stesso vale per le altre galassie. Sono come motori che regolano il movimento e l’evoluzione delle galassie».
Quali scoperte scientifiche spera di raggiungere?
«Abbiamo vinto un finanziamento da 2 milioni di euro dal Consolidator Grant dell’European Research Council (ERC). Con un gruppo di ricercatori di Unimore stiamo studiando l’evoluzione dei buchi neri. Il progetto durerà 5 anni e mira a sviluppare una teoria che unifichi la conoscenza tra buchi neri singoli e galassie». Nei suoi viaggi di studio e lavoro ha mai incontrato scienziati famosi?
Quali?
«Gli scienziati più famosi sono spesso quelli più attivi nella divulgazione, ma ce ne sono molti altri che, pur non essendo noti al grande pubblico, producono tantissima ricerca, articoli e libri. L’astronomia e l’astrofisica si basano sulla continua collaborazione».
Quali libri e film consiglia ai ragazzi per appassionarsi all’astrofisica?
«Il film Interstellar, sicuramente. Rappresenta bene i buchi neri e anche la relatività generale, toccando molti aspetti dell’astrofisica. È fatto molto bene, anche perché è stato realizzato con il supporto di veri astrofisici. Tra i libri, ce ne sono moltissimi: ad esempio Il problema dei tre corpi, oppure tutti i testi di Stephen Hawking, come L’universo in un guscio di noce. I suoi libri sono divulgativi, ma contengono anche molta fisica».
Esistono forme di vita intelligenti su altri pianeti?
«Questa è una delle domande più difficili. La risposta è: non lo sappiamo. Tuttavia, dal punto di vista statistico, considerando che la Terra è un pianeta comune attorno a una stella comune, e che ci sono centinaia di miliardi di stelle nella nostra galassia, è molto probabile che esistano altre forme di vita intelligente».
Qual è l’evento più misterioso dell’universo?
«Ce ne sono molti. Il Big Bang è ovviamente il più classico. L’espansione dell’universo sembra confermare la teoria che tutto sia nato da un punto infinitesimale che potrebbe essere un buco nero, oppure qualcosa di completamente diverso».
Ha mai visitato il Cern? Ci sono scienziati italiani che ci lavorano?
«No, non l’ho mai visitato. Sì, ci sono molti colleghi italiani che lavorano al Cern (Centro europeo per la ricerca nucleare), che è collegato alla fisica fondamentale e delle particelle. Lo studio della fisica fondamentale ci porta a riflettere sul fatto che nell’universo non esiste solo la materia visibile, ma anche la dark matter (materia oscura) e la dark energy (energia oscura), che rappresenta il 70% dell’energia dell’universo. Non sappiamo ancora che tipo di energia sia. Il restante 30% è in gran parte materia oscura. Anche questa non sappiamo cosa sia: ne percepiamo solo l’effetto gravitazionale, ma non la vediamo. Quindi, in realtà, conosciamo matematicamente circa il 90% dell’universo, ma non l’abbiamo ancora "visto».
Perché tutti i pianeti sono sferici?
«Dipende dalla gravità. Nella formula della gravità c’è la massa divisa per il raggio al quadrato, e non ci sono angoli: c’è solo il raggio, quindi la gravità ha una sola direzione. Quando un pianeta comincia a formarsi accumulando polvere e materia, la gravità agisce in modo simmetrico e non c’è una direzione preferenziale».
Lei condivide l’ipotesi della materia oscura?
«Ormai non è più solo un’ipotesi: la gran parte degli astronomi è convinta che esista. Tuttavia, c’è ancora scetticismo, perché si tratta di materia che non vediamo e non sappiamo cosa sia. Esistono anche teorie alternative, come quelle della gravità modificata, che cercano di spiegare le osservazioni senza usare la materia oscura. Tuttavia, tutte queste teorie alternative funzionano bene in certi contesti ma falliscono in altri. La dark matter, invece, pur essendo un’aggiunta concettuale (una massa invisibile), riesce a spiegare meglio il comportamento dell’universo».
Qual è la domanda importante che non le ho fatto?
«Adesso è uno dei momenti migliori per essere ricercatori in astrofisica. I recenti premi Nobel lo confermano, grazie alle ricerche sulle onde gravitazionali e sui buchi neri. Con il telescopio Webb, dalle "ali dorate", possiamo vedere nel profondo dello spazio. In astronomia e cosmologia ci sono molte più domande aperte che risposte. Ed è proprio questo che rende affascinante la ricerca».
*studente della scuola media Cavour, classe 2B
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