Nel menù sdoppiato c'è un progetto di vita
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Alberto Vaccari e Paola Corradi della Cucina del Museo"Cucina del Museo", 24 anni insieme sulla tradizione e la creatività
12 ottobre 2007
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«Ma vuoi passare la vita a mescolare pentolini?» Quando il padre medico cercò di scoraggiarlo così, era il 1983 e si era appena sposato. Aveva 23 anni e faceva il rappresentante di carrelli elevatori. Sua moglie era maestra. Condividevano la passione per la cucina fatta a regola d'arte. In quegli anni non era una buona idea aprire un ristorante. Così suo padre gli fece capire senza tanti fronzoli che si andava a cacciare in cucina per fare una vita grama. Non è andata così. Alberto Vaccari, 47 anni, e Paola Corradi, 45, si conoscono dai tempi del liceo. Storie di amore e passioni politiche di fine anni Settanta. Oggi, 24 anni dopo quella scelta, proseguono nel loro progetto crescendo due figli adolescenti e lavorando insieme nel loro ristorante, la «Cucina del Museo». Un portone piccolo in piazza Sant'Agostino proprio accanto alla chiesa. Dopo anni di successo crescente tra i modenesi, di fan da tutta Italia e dall'estero ma anche di colpevole distrazione delle guide - il giudizio tipico era di questo genere: »Tutto buono ma il locale è così piccolo! Va bene per coppiette«, sarcasmo snob fuori luogo - adesso la Guida Espresso 2008 dà un giusto riconoscimento: 14,5 punti, secondo posto a Modena e in provincia dopo l'Osteria Francescana e insieme a quel tempio della tradizione modenese che è l'Hosteria Gisuti e alla deliziosa Fefa di Finale. Non è il primo locale, per loro. Nel 1983, quando Alberto e Paola decisero di non dare ascolto ai genitori e di buttarsi in questa avventura, avevano in mente un altro ristorante, l'Osteria Francescana. La comperarono con sacrifici e la fecero diventare celebre già prima che ospitasse Massimo Bottura e il suo staff. Nessuno li appoggiava. «Erano anni duri per i ristoranti - spiega Alberto - è vero che nessuno pensava ad aprire tanti locali come oggi, ma iniziare non era facile proprio perché era un'attività per così dire »minore«. Insomma, pochi appoggi e poco convinti, poca credibilità per i crediti bancari, prospettive di fare un lavoro umile e magari in perdita. Per noi era un salto nel vuoto». «Eravamo giovani - ricorda - i primi tempi mi intimorivo persino a chiedere il conto ai clienti. Per fortuna la nostra clientela era giovanile. E così mi hanno accettato». Gli anni della Francescana sono stati importanti per la loro formazione. E' da allora che risale il loro doppio menù: «La prima pagina consisteva di piatti modenesi tradizionali. La seconda di cucina creativa. E per cucina creativa s'intendevano piatti che oggi fanno persino sorridere: c'erano gnocchi al gorgonzola. Era il periodo in cui furoreggiava la Nouvelle Cuisine. Se non facevi risotti alla fragola era un cretino. Noi non lo facevamo». Al contrario Alberto e Paola puntavano ad alleggerire i piatti per qualità, lavorazione e cotture. Ai piatti modenesi tradizionali dedicavano invece la massima attenzione per ricerca dei prodotti più adatti e genuini. Lo fanno ancora oggi. Anzi, lo fanno con più cura. Da anni, a novembre Alberto fa sempre la «pcaria» a Nonantola: uccide quattro maiali, li macella e li lavora. «I salumi me li preparo io - spiega mostrandoli orgoglioso nella sua cantina - coppa di testa e ciccioli si mangiano subito. In gennaio il cotechino. E poi qual ca gh'è». Nel 1987 Alberto e Paola mettono gli occhi sulla vecchia «Osteria dei Due Scalini». Un posto che esiste da tre secoli accanto a Sant'Agostino. Nel Seicento era appena fuori dalle mura. Una taverna per chi metteva i cavalli nelle stalle. «Era un'osteria vecchia e messa male. L'abbiamo messa a posto». Oggi è un piccolo ristorante con 24 posti e un'atmosfera calda, intima. Con un record: «Da quando abbiamo aperto, 20 anni fa esatti, da quella prima sera abbiamo sempre avuto tutti i tavoli prenotati». La filosofia in cucina è rimasta identica. Il lavoro di Paola e del suo staff è cresciuto per qualità e tecniche. Alberto invece ha sviluppato la carta dei vini. «Ai tempi della nostra Francescana aprimmo la prima enoteca in città. Siamo stati uno dei primi ristoranti ad avere un'ampia varietà di vini. La carta, l'avevamo solo noi, Fini e la Brasserie. Oggi abbiamo un'ampia scelta ma adatta ai clienti. E' chiaro che certi vini non li tengo, ma curiamo al massimo cantine e annate». Alberto è in effetti un vero cantiniere, ma è anche il cameriere: «Non mi dimentico mai qual è il mio lavoro. Io servo chi è seduto»: E Paola: «Sono cuoca. Non amo farmi chiamare chef. Oggi quel nome ricorda troppo il circo che si è creato attorno ai ristoranti». E i 24 anni di lavoro insieme? «Siamo stati fortunati - risponde Alberto - abbiamo imboccato la strada giusta in tempi non sospetti. Certo, allora non era prevedibile la moda dei ristoranti». Ancora oggi la «Cucina del Museo» propone il menù diviso in due: piatti modenesi e piatti creativi. Inutile fare elenchi di delicatezze. Ricordiamo solo alcuni pezzi forti: i fiori di zucchina fritti, i tortellini in brodo di cappone, i tortelloni di zucca, il petto d'anatra alle ciliege o, in autunno, con l'uva appassita e l'uso creativo del tartufo e del fois gras. Celebri gli antipasti tra i quali i salumi fatti da Alberto stesso e le torte salate. Ogni stagione, i prodotti del territorio cambiano e quindi il menù ruota. Per questo è possibile assaggiare cose molto diverse nell'arco dell'anno. Per i clienti di Modena e di fuori Modena la scelta è semplice: «I modenesi mangiano cucina creativa, i forestieri quella modenese - dice Alberto - ed è logico: in casa dei modenesi in genere si mangia molto bene. Per questo lo standard dei nostri locali è di alta qualità». (carlo gregori)
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