Gazzetta di Modena

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Piste ciclabili, tracciati da record con l’handicap dei collegamenti

di Stefano Luppi
Piste ciclabili, tracciati da record con l’handicap dei collegamenti

Studio di “Ingegneria senza frontiere”: «Non basta aumentare i chilometri di percorsi disponibili Serve una rete per rendere agevoli gli spostamenti su due ruote e diminuire quelli in auto»

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Piste ciclabili e mobilità “green” a Modena. A volte i passaggi per le due ruote sono ampi e ben realizzati, altre volte ci sono, ma sono disastrati o pericolosi e altre ancora mancano del tutto.

Certo Modena, secondo dati Legambiente diffusi proprio pochi giorni fa dal Sole 24Ore, può vantare la “medaglia di bronzo” in Italia tra le città di medie dimensioni per i metri equivalenti ogni cento abitanti anche se in questa ricerca non si tiene conto del grado di sicurezza o della situazione delle piste ciclabili stesse. Ma si può sempre arrivare alla medaglia d’oro, o no?

Di tutto ciò si sono occupati a fondo gli aderenti all'associazione “Ingegneria senza frontiere - Modena” (Isf-Modena) che hanno studiato lo stato della rete e le potenzialità di sviluppo e miglioramento.

Isf-Modena è un'associazione di volontariato composta da laureati e studenti di diverse discipline che è sviluppata in numerose Università italiane e straniere, si tratta insomma di ricercatori indipendenti. Diciamolo subito, Isf-Modena pensa che le piste ciclabili di Modena non siano complete, siano poco segnalate e poco collegate tra loro in varie parti della città. Una situazione piuttosto in chiaroscuro dunque.

Nessuno, ricordano i volontari, vuole assegnare colpe riguardo alla situazione odierna perché tutti conoscono le difficoltà degli enti locali. Ma anche in altre città ci sono problemi e nonostante ciò l'attenzione al trasporto “sano” su due ruote sul lungo periodo sembra francamente più “pregnante” anche in rapporto a quanto si fa invece qui per l'auto.

Detta in soldoni: se vuoi favorire la mobilità sicura in bici devi curare meglio e collegare tra loro le piste ciclabili oltre che renderle appunto più sicure.

Un solo esempio: la pista ciclabile di viale Reiter, ovviamente frequentatissima, si interrompe con la necessità di dare la precedenza alle auto che giungono dalle vie laterali. E poi c'è una delle opere pubbliche più costose della Modena recente: il ponte ciclopedonale che transita sulla tangenziale di via Emilia Est, ancora oggi pochissimo utilizzato. «Per anni si è sempre pensato - spiegano Fabio Baracchi e Fabio Paglione di Isf-Modena - che l’estensione di piste ciclabili per singolo abitante potesse essere un indicatore importante di confronto tra le città, ma se poi approfondiamo l’analisi della qualità di piste e percorsi ciclabili, continuità, confort, conflittualità e promiscuità con i pedoni, per non parlare della manutenzione e della regolarità della segnaletica orizzontale e verticale, allora scopriamo che parlare solo di chilometri è molto riduttivo. Un valore indicativo molto interessante è quello relativo alla ripartizione modale degli spostamenti cittadini suddivisi tra pedoni, ciclisti, trasporto pubblico, moto ed auto. Si tratta infatti di un ottimo indicatore in quanto per una città, ad esempio Bolzano che lo aggiorna spesso, è un ottimo strumento per monitorare e gestire il cambiamento e le azioni da intraprendere. La sua utilità però è meno rappresentativa della realtà quando si prende in esame la città come elemento attrattore dei comuni limitrofi».

Secondo i ricercatori è importante avere un'alta percentuale di spostamenti in bici, ma essa deve essere associata ad un'alta percentuale di mobilità a piedi insieme allo sfruttamento del trasporto pubblico. Ciò al fine di contenere la mobilità in auto.

«Un buon esempio - continuano i volontari - in questo senso è Bolzano dove la mobilità “insostenibile” è al di sotto del 50%. In una città equilibrata ogni funzione, pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico (tpl) ha una sua tipologia di percorsi: ad esempio fino a 4-500 metri dalla destinazione si va a piedi, fino a 3-4 km con la bici se il percorso è idoneo, per distanze più lunghe o per zone non sicure in bici si usa il tpl». Le città emiliane, simili in tutto e per tutto alla nostra per tessuto urbano e dimensione, hanno numeri almeno doppi ai nostri per quanto riguarda gli spostamenti sostenibili. Ad esempio a Reggio nel 2005, cioè tre anni prima del Biciplan poi realizzato nella Città del Tricolore, la quota di spostamenti in bicicletta era pari al 15%, cioè il 50% in più della nostra città cinque anni dopo. Le città ottimali pertanto devono avere un consistente numero di bici (almeno il 15%), affinchè queste siano oggetti visibili e socialmente accettati, elemento considerato e rispettato delle mobilità, e nello stesso tempo devono avere mobilità in auto e moto minore del 50%.