La rivincita del Lambrusco modenese
Curiosità storiche e tecniche di produzione del vino più venduto
Con la penna intinta nell’inchiostro rosso del lambrusco Sandro Bellei (nella foto) offre un’altro saggio di cultura enogastronomica modenese.
“La rivincita del Lambrusco” (Aliberti, 15 euro, 217 pagine) è un arringa a tutto tondo contro i pregiudizi e le nebbie che circondano un vino campione di vendite in Italia e all’estero ma snobbato nel circuito degli appassionati dei vini. Colpa anche di errori del passato, ammette l’autore, che però in tutto il volume, a fianco di meticolose descrizioni di grappoli e tecniche di vinificazioni, affianca aneddoti storici.
In altre parole Bellei vuol parlare ai modenesi e invitarli a riscoprire le radici culturali di un vino e di un vitigno già citato dai Romani e che fino a un paio di secoli fa veniva lavorato e conservato in maniera completamente diversa da come lo conosciamo. Così il lungo lavoro che ha portato gli agricoltori a diventare dei maghi della fermentazione in cantina viene ripercorso tappa per tappa partendo dai testi di autori antichi, su libri oggi pressochè introvabili se non in pochissime biblioteche. E forse è anche per questo che il Consorzio del Lambrusco ha patrocinato l’iniziativa editoriale. Di suo l’autore ha aggiunto un mare di citazione, da Guccini allo scrittore e giornalista modenese Arrigo Levi che lo ribattezza “Champagne rosso”. La miscela di Sorbara, Grasparossa e Salamino viene messa sotto la lente d’ingrandimento senza dimenticare l’apporto di alcuni dei più famosi produttori, che combattono palmo a palmo - ma sarebbe meglio dire bottiglia per bottiglia - il pregiudizio di chi lo considera “la bevanda più alcolica dopo l’acqua”. «Chi lo conosce veramente lo apprezza» ammonisce Bellei. (s.c.)