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Mainardi salva le nutrie «La colpa è dell’uomo»

di Davide Berti
Mainardi salva le nutrie «La colpa è dell’uomo»

Il più stimato etologo italiano: «Non dovrebbero essere lì e vanno contrastate» Specie del Sud America: si facevano le pellicce, poi vennero abbandonate

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Dicesi nutria... La nutria (Myocastor coypus Molina, 1782), detta anche comunemente castorino, è un mammifero roditore originario del Sud America, unica specie vivente del genere Myocastor e della famiglia Myocastoridae.

Eccola qui, la colpevole secondo Aipo della tragedia. Ci siamo permessi, però, di chiedere a chi di animali e di ambiente capisce il suo pensiero. Abbiamo scomodato il massimo esperto in materia, Danilo Mainardi, e il professore è stato molto chiaro: «Nutrie? La colpa è dell’uomo che le ha messe lì e non riesce a controllarle».

Un conto, insomma, è dire che è colpa delle nutrie. Un colpo è di chi le nutrie le dovrebbe controllare. E dovrebbe controllare quello che fanno. Argini compresi.

Danilo Mainardi nato a Milano (nel 1933), laureato (nel 1956) all'Università di Parma in Scienze biologiche, con una tesi in zoologia, è il maggiore, più stimato e credibile etologo italiano. Dal 1967 al 1992, ha insegnato prima Zoologia, poi Biologia generale e infine Etologia presso l'Università di Parma (nelle facoltà di Scienze e di Medicina) . Dal 1973 è direttore della “Scuola di Etologia” del Centro “Ettore Majorana” di cultura scientifica di Erice.

Attualmente è professore emerito di Ecologia comportamentale presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università Cà Foscari di Venezia, città in cui risiede da oltre vent'anni.

E ieri ha scelto di raccontare la sua verità sulle nutrie: «Ho letto che hanno dato la colpa alle nutrie... Le colpe è dell’uomo, perché lì le nutrie non dovrebbero nemmeno esserci, diciamo la verità».

Che trova conferma in un problema che si perde negli anni passati: «Le nutrie sono state abbandonate lì quando sono stati chiusi gli stabilimenti di pellicce. È sempre la solita, di tanti animali ai quali si dà la colpa. Sono animali che non vengono minimamente contemplati nel nostro ambiente, non ci sono predatori per tenerli controllati. Non siamo in Sud America, dove dovrebbero essere, siamo nella Pianura Padana dove le ha portate l’uomo. È un animale uscito completamente dal suo habitat. Di solito c’è una preda e c’è un predatore: qui, invece, c’è solo la preda e il predatore non è mai arrivato. È uno squilibrio che alla lunga si paga perché si va contro natura».

Mainardi spiega il comportamento delle nutrie: «Se fanno danni? Certo che possono fare danni, soprattutto se sono numerose. Ma non è il comportamento della nutria il problema, piuttosto quello dell’uomo». Una ricetta scritta non c’è, ma agire è possibile: «Non c’è un modo specifico, e se non esiste bisogna trovarlo per evitare danni. Ci saranno sempre i partiti degli ambientalisti e degli animalisti, quello che conta è, come sempre, equilibrio e buon senso». Buon senso che in questi giorni sembra essere mancato.

Che le nutrie facciano danni è cosa nota da anni. A rincarare la dose è la Coldiretti sulla base di uno studio effettuato dall'Università di Pavia che sottolinea come questo animale abbia un impatto negativo sulle colture e sulla stabilità idrogeologica del territorio. La sua dannosità sta nel fatto che crea le tane in prossimità di canali e arginature. Si originano così fenomeni di abbassamento delle strade poderali che mettono in grave pericolo la sicurezza idraulica. Ad essere a rischio sono la tutela dell'ambiente e la sicurezza dei cittadini, ma anche il reddito delle imprese, perché le nutrie si nutrono dei germogli di piante erbacee e arboree, rasando interi campi di cereali. Un specie, ricorda la Coldiretti, che è anche portatrice di Leptospirosi. Importata in Italia negli anni Trenta per essere allevata per la sua pelliccia, conclude la Coldiretti, la nutria a partire dagli anni '60 ha colonizzato gli ambienti fluviali. E oggi è tristemente famosa.

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