I custodi del balsamico/ A Nonantola l’oro nero di Serafini - GUARDA LE FOTO
Il posto migliore dove far invecchiare l’aceto? È la parte a Est della via Emilia
Una tradizione che affonda le sue radici nella Nonantola di fine Ottocento e parte da un piccolo barile, conservato nei secoli, dal quale ancora oggi stilla l'oro nero che le tavole di tutto il mondo ci invidiano. «I miei bisnonni materni, Sacchi Luigi e Ansaloni Domenica, erano custodi delle ville padronali site in Nonantola e si trovavano in servizio presso la famiglia Roli, signori che sul finire del 1800 ebbero un forte dissesto finanziario» ci racconta Onorio Serafini, classe 1940, conosciuto in paese per essere il figlio di Onesto, il titolare del Caffè Bottiglieria Centrale, che per anni fu il principale punto di ritrovo dei nonantolani dal dopoguerra. «Il curatore del fallimento - prosegue Onorio - per avere custodita la proprietà e per averne l'accesso al fine di vendere quanto in essa vi era contenuto, chiese ai bisnonni di rimanere a disposizione. Alla fine, fra le cose invendute c'era un piccolo barile di aceto balsamico che il curatore gli donò per compensarli del servizio svolto - racconta Onorio accarezzando il barile ereditato, che oggi consegna insieme alla sua acetaia di sette barili alla figlia Lorenza - L'acetaia, inizialmente composta da due poi da tre barili, fu condotta dalla bisnonna Domenica poi da nonna Carolina e da mamma Dilva e, nel 1980, da me con l'aiuto di amici Maestri Acetai. Da quest'anno è condotta da mia figlia». Come gli esperti sanno, il luogo ideale dell'acetaia è il sottotetto, sia per il calore del sole che per la distanza dagli altri luoghi della casa dove il frequente passaggio o la presenza di arredi come una semplice lavatrice talvolta alterano la stabilità della superficie calpestabile, disturbando "il sonno" dell'aceto. «Una volta che abbiamo il mosto cotto acetificato, questo viene trasferito nelle botticelle di legno che ne assorbono l'acquosità e per potere fare ciò, devono essere ben asciutte - precisa Serafini - è per questo che il sottotetto, con il calore del sole, è il luogo ideale. Nella provincia di Modena, la parte est della via Emilia è la migliore dove produrre aceto perché c'è meno nebbia! Ricordiamoci che il legno è sfaticato e se è bagnato dalla nebbia, non assolve bene la sua funzione». Lorenza è cresciuta in questa tradizione e ha imparato fin da piccola che l'aceto va lasciato riposare: «ricordo come fosse ieri quando giocando con i miei fratelli ci arrampicavamo fino all'acetaia e tra una corsa e l'altra stavamo ben attenti a non prendere contro ai barili, altrimenti sarebbero stati guai! - sorride Lorenza che si dice emozionata per questo passaggio di testimone». «Noi l'aceto lo tocchiamo due volte l'anno - conclude Onorio - una volta per controllare l'acidità, l'altra per prelevare il fabbisogno annuale che per la nostra famiglia è di due litri».