Gazzetta di Modena

Modena

UN TRENO PER AUSCHWITZ»LA PRIMA VISITA NEL CAMPO DI STERMINIO

di Marcello Radighieri

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Il primo contatto vero, materiale, con gli orrori nazisti arriva di giovedì, il terzo giorno di viaggio. Gli studenti giungono nel complesso di Auschwitz di primo mattino. Birkenau, li sta aspettando.

La sera precedente Paolo Nori l’aveva definito un “complesso archeologico”. Effettivamente il campo è immenso, e proprio la sua vastità ne è probabilmente uno degli elementi di maggiore impatto. Una vastità che viene peraltro resa maggiormente comprensibile dalle condizioni del terreno. Siamo in aprile, di neve per terra non c’è più traccia. Baracche, macerie e binari sono “denudati” di quel manto bianco che contribuiva a confondere i punti di riferimento durante le passate edizioni del viaggio.

Auschwitz II, il campo di Birkenau, appare così in tutta la sue dimensioni. «Il complesso che oggi vediamo – spiega lo storico Costantino Di Sante – è ciò che rimane di questo luogo, che occupa 175-176 ettari di terreno. Sicuramente, il campo di sterminio più grande d’Europa». Un campo - costruito a partire dal 1941 e ampliato nel corso degli anni - che poteva contenere anche 100mila persone. «Qui sono stati sterminati almeno un milione di internati. Rappresenta il più grande cimitero dell’ebraismo europeo; i resti, le ceneri dei corpi cremati, sono infatti state gettati all’interno di piccoli stagni, che ancora oggi ritroviamo nell’area perimetrale». Anche per questo, Birkenau è probabilmente uno dei luoghi più visitati al mondo. Basti pensare che il numero di visitatori dello scorso anno è stato stimato attorno al milione e quattrocentomila presenze. Un sintomo che sta ad indicare che «questa storia coinvolge tutti ed è nel cuore dell’Europa», conclude Di Sante.

Ma proprio le favorevoli condizioni climatiche – rischiano, al tempo stesso, di “complicare” il lavoro di quanti vengono fin qui per provare a capire. Nel senso che il risultato è a dir poco straniante. «Spesso – spiega Cecilia Caliumi, del liceo Muratori – mi scoprivo ad osservare gli alberi così belli, o a godermi la brezza e il sole. Poi mi dicevo: “Non puoi guardare Birkenau con questi occhi”». Una contrasto, quello tra il paesaggio e le atrocità che vennero commesse in questi luoghi, che ha colpito Daniel Ball, studente del Cattaneo. Ma mentre quest’ultimo spiega che, nonostante tutto, è stata «una visita molto toccante” Caliumi temeva di «reagire molto peggio. In realtà ho osservato i vari particolari con molta lucidità». Certo, le camere a gas e gli stagni in cui venivano riversate le ceneri l’hanno colpita, ma in fondo «meno di quanto mi aspettassi». Una condizione che viene condivisa da Serena Marsala, del Deledda: «Questa esperienza non mi ha creato uno shock profondo. Sapevo cosa mi aspettava. Comunque è stato molto interessante».

Sensazioni che vanno in controtendenza rispetto a quanto provato da tanti ragazzi. Durante le visite in molti paiono seri, commossi. Di rado qualcuno scoppia in lacrime, subito consolato dai compagni. Dopotutto si tratta di un’esperienza forte. «Effettivamente ero più coinvolto di quando mi aspettassi», spiega Mario Marotta, anche lui del Muratori. Si tratta comunque di emozioni “a caldo”, che bisognerà poi rielaborare ed interiorizzare. Dichiarazioni che vanno di pari passo con quelle di Enrico Bergamini, del liceo Morandi di Finale Emilia. «Birkenau? È una di quelle cose che solitamente vedi solo nei libri di storia. Sicuramente te lo puoi immaginare, ma finché non o vedi e non tocchi con mano non riesci a realizzare appieno». Tra gli aspetti più toccanti, cita i gruppi di studenti e militari israeliani in visita al luogo. E poi «la consapevolezza che tanta gente, quello stesso percorso, lo ha compiuto in un solo senso, senza più tornare indietro».