Firem, ora gli ammortizzatori adeguati
Fiom Cgil: «Dopo il fallimento discuteremo con il curatore le soluzioni possibili per i lavoratori»
I tentativi per evitarlo sono stati fatti. Ma la mancata accettazione del concordato preventivo non ha potuto evitare il peggio. E così il fallimento dell’azienda Firem di Formigine deciso dal Tribunale di Modena mette di fatto la parola fine sulla vertenza.
Ora l'unica preoccupazione è di garantire ai lavoratori una copertura economica, con il ricorso ad ammortizzatori sociali adeguati. Ed è proprio su questo punto che i sindacati si stanno concentrando dopo l’annuncio del fallimento.
«Abbiamo già preso contatto con il curatore fallimentare e con la Provincia di Modena – afferma Cesare Pizzolla, segretario provinciale della Fiom - Cgil di Modena – per cercare di organizzare un incontro in cui discutere quali potranno essere gli ammortizzatori sociali più adeguati per i 40 lavoratori della Firem».
Ad oggi, infatti, i lavoratori sono in cassa integrazione straordinaria per crisi, ma l'ammortizzatore era stato attivato in vista di una procedura di concordato preventivo, che tuttavia non è stato accettato. Ora con il fallimento si tratterà di valutare altre tipologie di ammortizzatori sociali. La vertenza era iniziata ad agosto, quando i lavoratori hanno scoperto improvvisamente, mentre erano in ferie, che l'azienda formiginese (attiva nella produzione di resistenze elettriche, di proprietà della famiglia Pedroni) stava smantellando il sito produttivo di via Quattro Passi, portando i macchinari altrove. La destinazione era la Polonia, dove Fabrizio Pedroni aveva aperto un'altra società, delocalizzando l'attività produttiva modenese senza dare comunicazione a lavoratori e sindacati. Una doccia fredda per i 40 dipendenti che per mesi hanno presidiato notte e giorno i cancelli aziendali, per impedire che gli ultimi macchinari andassero in Polonia. E così si era dato il via ai primi confronti con la proprietà per cercare di evitare il peggio. Fino a quando non si è firmato un accordo, con il quale la società si impegnava a presentare un piano industriale che prevedesse la prosecuzione dell'attività produttiva anche nel Modenese, oltre che il pagamento delle retribuzioni arretrate. E poi il colpo di scena: la richiesta di concordato preventivo all'ultimo momento per evitare il fallimento, richiesto da uno dei fornitori. Uno scenario purtroppo oggi archiviato, per aprire quello del fallimento.