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Sant’Antonio, la frazione dimenticata

Sant’Antonio, la frazione dimenticata

Novi. Dopo due anni tutto fermo e la gente disillusa dalla burocrazia: «Molti non sono tornati»

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NOVI. Una frazione fantasma. Sono passati due anni dal terremoto, ma Sant'Antonio in Mercadello paga con ogni evidenza la lentezza della ricostruzione e di una burocrazia che ha messo i cittadini con le spalle al muro, quasi più del sisma.

Entrando da via Sant'Antonio, la strada principale del paese, i segni del terremoto sono ancora molto chiari: impalcature rivestono negozi ed abitazioni da ripristinare, dalle quali esercenti e molti dei settecentocinquanta abitanti della frazione si sono trasferiti cercando di cominciare una nuova vita altrove. Parlano della difficoltà di ripartire dopo il terremoto anche i container degli esercenti che hanno riaperto in centro. È vero, alcune cose si sono mosse: ad esempio è stata riaperta la chiesa di Sant'Antonio da Padova, intorno alla quale ruota un nucleo di persone molto attivo nel dare una mano al prossimo, e nei mesi scorsi è stata posta la prima, simbolica pietra del PalaRotary che vuole essere un nuovo centro di aggregazione.

Tuttavia, molto rimane da fare prima di poter parlare di ritorno alla normalità per la piccola frazione alle porte di Novi.

«Con il sisma se ne sono andate molte persone che poi non sono più ritornate - dice Claudio Righi, residente in via Sant'Antonio - qui, ad una certa ora, sembra che scatti il coprifuoco perché non si vede più gente in giro, una volta c'era un bel passaggio ed uno scorcio di vita di paese».

Anche Corrado Neri, residente nella frazione, nonostante la sua abitazione non abbia riportato danni, testimonia «che Sant'Antonio è una frazione fantasma. Molti sono ancora fuori di casa e non è che si sia mosso un gran chè dopo il terremoto. Chi ha fatto qualcosa per rientrare l'ha fatto a spese proprie, senza poter contare sugli aiuti pubblici. In aggiunta, ci sono tante case da abbattere e il paesaggio del paese sarà radicalmente modificato quando verranno effettuati tutti gli interventi».

Dello stesso avviso Maurizio Gennari, rimasto a Sant’Antonio anche dopo le famose scosse, il quale parla del «coprifuoco che scatta alla sera, ma anche di giorno non si vedono più bambini, non si vedono più persone e, in generale ci si sente isolati e anche un po’ dimenticati».

Anche Carla Malaguti non ha subito gravi danni ma fa i conti con le crepe che si accentuano con il passare del tempo e con le ripercussione che il sisma lascia nella fascia della popolazione più avanti negli anni. «Gli anziani soffrono. Alcuni hanno dovuto abbandonare la casa - dice Carla - e altri non si sono più ripresi dal trauma. Le ferite del sisma in alcuni casi sono indelebili».

Serena Arbizzi