Bilancio positivo, ora si discute del futuro
Si va al rinnovo della convenzione con le fondazioni bancarie. Mantovani: «Ragazzi maturi»
Terminata la decima edizione de “Un treno per Auschwitz”, è tempo di tirare le somme. Ci prova Silvia Mantovani, responsabile per le attività culturali della Fondazione Fossoli e vera anima del progetto. E il giudizio non può che essere più che positivo. “Direi che sia andato molto bene. Abbiamo avuto una buona risposta da parte di studenti e insegnanti, anche alla luce dei commenti che sono venuti fuori durante l’incontro di sabato”.
Proprio agli studenti, poi, va dedicata una riflessione particolare, dato che il viaggio è dedicato soprattutto a loro. “L’impressione – spiega ancora Mantovani – è di avere a che fare con dei ragazzi consapevoli di quello che si trovano di fronte”. Un impressione che, del resto, non giunge certo nuova. Anzi. “Negli ultimi due anni, in particolare, ho notato nei ragazzi un sapersi porre nel giusto modo in un contesto pur complesso come può essere quello di Auschwitz”. Studenti che la Mantovani giudica “molto maturi, pronti a fare un’esperienza come questa”. Un giudizio, insomma, nettamente positivo, che deriva anche dalla capacità delle scolaresche di godersi tutti i momenti del viaggio, anche quelli dedicati al divertimento, “senza eccessi”. Poi, è ovvio, “si può sicuramente migliorare in qualche aspetto”.
Proprio per questo risulta importante per la Fondazione avere un riscontro attraverso i suggerimenti di ragazzi e professori. Raramente, però, questi muovono qualche critica al viaggio. La cifra dominante, almeno tra gli studenti, è racchiusa in un laconico “mi è piaciuto tutto”. I consigli, però, arrivano. Su tutti, quelli raccolti dallo storico Costantino Di Sante, che propone di invertire le visite ad Auschwitz I e Birkenau, lasciando quest’ultima al secondo giorno. Prima la parte museale, poi la vastità del campo II. Un suggerimento che viene condiviso anche dagli studenti, perché “potrebbe facilitare la comprensione di alcuni particolari”.
Ma sembrano quasi aspetti secondari rispetto al giudizio entusiasta che l’intero treno sembra dare di sé stesso. Anche se, per tutto il viaggio, è pesata l’incognita sull’undicesima edizione. O meglio, sulla possibilità che quest’anno fosse anche l’ultimo. E questo nonostante le rassicurazioni date dalla direttrice della Fondazione, Marzia Luppi, che il giorno prima della partenza assicurava che “non abbiamo ancora parlato della questione”, e pertanto che le voci su una possibile soppressione sono “assolutamente infondate”.
Resta il fatto che la convenzione triennale tra le quattro fondazioni bancarie finanziatrici del viaggio e l’istituto carpigiano termina con quest’edizione, e che in tanti, sul treno, sostenevano che il progetto “rischia”. La Mantovani pare fiduciosa: “Da parte nostra, ci auguriamo che si vada avanti anche nei prossimi anni. La voglia di salire quei convogli non passa mai. Anche perché questo è sì un “rito collettivo”, ma sempre diverso da sé stesso”.