Ex Sant’Agostino: nuove critiche «Un’aggressione al monumento»
La “stroncatura” del progetto arriva dal prof. Giuseppe Cristinelli in un articolo sul Giornale dell’Arte Alla fine di aprile la decisione su quale gruppo di imprese realizzerà l’intervento da 43 milioni di euro
Presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena si susseguono gli incontri e le valutazioni che porteranno, alla fine di aprile, a decidere quale raggruppamento di aziende si occuperà del milionario restauro dell'ex ospedale estense Sant'Agostino. Futuro polo culturale con biblioteche e spazio mostre. Si tratta di un lavoro rilevante per i quattro raggruppamenti concorrenti, coop e ditte private, visto che la base d'asta per il cantiere sarà di 43 milioni di euro. Inoltre non ci saranno ribassi d'asta elevati perché questo potrebbe comportare quasi automaticamente l’esclusione di un concorrente: insomma, la fondazione ritiene che, vista la rilevanza del progetto, non si possa esagerare. Da metà giugno è prevista l'apertura del cantiere, ma intanto continuano le critiche sul progetto di parte del mondo italiano del restauro. Dopo lo scambio di opinioni, molto accese, tra l'ex soprintendente Elio Garzillo e i restauratori del Sant'Agostino Vittoria Massa dello studio Gae Aulenti e Francesco Doglioni di Venezia, arrivano le accuse dell'architetto Giuseppe Cristinelli. Si tratta del docente ordinario, da poco in pensione, della cattedra di “Restauro architettonico” dell'Istituto Universitario Architettura di Venezia, curiosamente lo stesso ateneo dove insegna “Teoria e tecnica del restauro”, in qualità di professore associato, Doglioni. In una lunga lettera pubblicata sul numero in edicola della rivista “Giornale dell'arte” il professor Cristinelli spiega sostanzialmente che va bene restaurare con nuovi inserimenti a patto però di non snaturare, come pensa avvenga qui, lo storico ex ospedale. In un convegno internazionale di Cracovia nel 2010 il mondo del restauro ha stabilito che sono esclusi “Interventi che attaccano violentemente l'integrità o tendono ad annullare la stessa identità autenticità dei monumenti. Negli ultimi anni le aggressioni al patrimonio monumentale da parte di un certo tipo di cultura architettonica si fanno sempre più frequenti. Ne sono testimonianze gli interventi al Teatro di Sagunto in Spagna, alla Scala di Milano, all’Opera di Lione, alla Punta della Dogana e al Fontego dei Tedeschi a Venezia. In questo contesto si situa il progetto per la ristrutturazione dell’ex ospedale Sant’Agostino di Modena”. Il docente è perentorio: «Le motivazioni addotte a sostegno dell'intervento non si riferiscono all'ambito del restauro, ma a quello di ciò che viene oggi definito il “nuovo”; esse infatti riguardano parametri e criteri meramente funzionali e tecnici che attengono alle nuove costruzioni, ma non si confrontano più con il costruito esistente, con la sua logica, con il concatenamento dei suoi spazi, con la composizione-disposizione dei suoi volumi e delle sue superfici; non fanno riferimento alla disciplina del restauro, ma a quel “progetto del nuovo”, dal quale discenderà “l’adattamento al nuovo uso”. Insomma, come affermano gli architetti, i progetti sono due: uno definito “di restauro” e uno “di nuova architettura”. È chiaro che ai restauratori, in procedimenti di questo tipo, viene così affidato soltanto il compito di “conservare” quei tratti dell’edificio che non danno fastidio alle necessità del “nuovo”. Se si deve traslocare la libreria, si possono inventare le “lame”, in dispregio alla spazialità dell’esistente; se c’è bisogno di nuovo spazio, ecco i padiglioni, la copertura del cortile, i nuovi mezzanini e così via. Le motivazioni ci sono sempre: consistono nelle richieste della committenza, anche se il monumento non le accetta. Ma, in realtà, questa sostenuta compresenza tra il progetto di restauro e il progetto del “nuovo” non appare nella normativa delle opere pubbliche che riguarda i beni culturali».