Gazzetta di Modena

Modena

la recensione

“I pescatori di perle” di Bizet supera l’esame del Comunale

di Chiara Bazzani

Applausi meritati per “Les pêcheurs de perles” (I pescatori di perle), presentata al teatro Comunale domenica scorsa e in replica questa sera alle 20, che riporta a Modena un lavoro andato in scena...

2 MINUTI DI LETTURA





Applausi meritati per “Les pêcheurs de perles” (I pescatori di perle), presentata al teatro Comunale domenica scorsa e in replica questa sera alle 20, che riporta a Modena un lavoro andato in scena solamente una volta nella stagione 1936-1937. Opera in tre atti di un giovane Georges Bizet, destinato a lasciare tracce importanti nel solco della storia musicale, è scritta nel 1863 su libretto di Eugène Comon e Michel Carrè; la storia è un fresco racconto, lineare, che si gioca attorno al classico triangolo amoroso dove i due amici Nadir e Zurga sono innamorati della stessa donna, la giovane sacerdotessa Leila; appartenente al genere del teatro esotico - una moda, quella dell'esotismo, molto in voga nella seconda metà dell'Ottocento - con la sua ambientazione a Ceylon l'opera evoca un oriente immaginario più che reale; un oriente generico, che però si afferra subito nella musica, fin dalle prime battute, reso da Bizet con mezzi compositivi molto semplici, dove le melodie affascinano e catturano e l'atmosfera è a tratti sognante e favolistica. In questo contesto è sembrato pregevole l'allestimento coprodotto dalla Fondazione Teatro Regio di Parma e dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena che ha ripreso la messa in scena realizzata nel 2008 al Teatro Verdi di Trieste con la regia di Fabio Sparvoli, le scene di Giorgio Ricchelli e i costumi di Alessandra Torrella. La scena mantiene l'dea allusiva e sognante di un mondo immaginato, in assenza di elementi troppo determinati, su una distesa di dune bianche a formare una spiaggia dell'isola, in cui si alternano alcuni simboli che dominano i vari atti, le rovine di un tempio, la testa di una statua in onore della divinità Indù Brahma, un grande albero. Anche il cast dei quattro cantanti nel complesso ha ben presentato un lavoro decisamente impegnativo dal punto di vista volale, a dispetto della semplicità del plot, e della leggerezza della musica. Molto bella la prova del baritono Vincenzo Taormina, nel ruolo di Zurga, e di Luca Dall'Amico, basso, nel ruolo di Nourabad; e molto brava anche il soprano Nino Machaidze. Qualche perplessità, invece, la suscita il tenore Jesùs Leòn, una voce forse troppo “leggera”, poco potente e poco convincente in alcuni momenti di falsetto. A completare, oltre al coro, i danzatori spiriti di Brahma, nelle coreografie di Annarita Pasculli. L'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna ha seguito la parte musicale diretta da Patrick Fournillier, un'esecuzione forse che lascia qualche desiderio di colore in più, ma nel complesso ben fatta. Infine molto bene il Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani.