Gazzetta di Modena

Modena

«Sant’Agostino, le scelte siano partecipate»

«Sant’Agostino, le scelte siano partecipate»

L’appello di tre intellettuali modenesi sul futuro del polo culturale: «Si valuti bene come usare i fondi»

4 MINUTI DI LETTURA





Un dibattito pubblico e partecipato per decidere una “saggia amministrazione” dei fondi e rilanciare in maniera efficace la cultura in città: è, in sintesi, l’appello che lanciano tre intellettuali modenesi: Mario Bertoni archivista e critico d'arte, Giorgio Montecchi storico del libro e docente universitario, ed Elio Tavilla, storico del diritto e docente universitario. «Tra poco avremo un nuovo sindaco e una nuova giunta e, tra pochi mesi, si avvieranno i lavori di rifacimento dell'ex ospedale Sant’Agostino, che condurranno alla realizzazione di un polo culturale senza precedenti, per rilevanza e impegno economico, nella nostra città - si legge in una nota il cui intento è proprio quello di aprire un dibattito - All'interno del complesso saranno trasferite la biblioteca Poletti (comunale) e, sulla base di un'intesa con il Mibact, la biblioteca Estense (statale), attualmente ubicate nel Palazzo dei Musei. L'idea di trasferire l'Estense al Sant’Agostino ha costituito un cambio di rotta rispetto a un precedente progetto che ne prevedeva l'ampliamento negli spazi attigui dell'ex ospedale Estense, un'opzione che avrebbe consentito una naturale espansione degli spazi originari senza cesure “violente”. Alla fine, comunque, l'acquisto del comparto Sant’Agostino da parte della Fondazione Cassa di Risparmio ha prodotto un ripensamento e, quindi, la progettazione di un polo culturale di ampia portata che ha coinvolto anche il destino delle biblioteche Estense e Poletti. I cittadini più informati sanno che il Palazzo dei Musei è un'area che Stato italiano e Comune di Modena, all'indomani dell’unità nazionale, immaginarono come contenitore complesso e coerente alla conservazione di una memoria condivisa sul piano nazionale e municipale. Il trasloco di Estense e Poletti spezzerebbe tale continuità storica, esito che non sarebbe stato invece prodotto dall'uso dell'ex ospedale Estense. Ma di questa ipotesi, ormai, non pare più il caso di tener conto. Più utile invece provare a ragionare su alcune prospettive di fondo dell'offerta culturale di alto pregio specialistico che, lungi dal rappresentare una torre d'avorio per pochi eletti, costituisce invece il dna identitario della città e della sua storia. Modena ha radici antiche, che ne hanno segnato il passaggio da comune cittadino a capitale del ducato estense. Da quel passato hanno preso forma centri culturali di altissimo valore: l'università, di origine medievale; la biblioteca e la Galleria estense, che furono dei duchi e che ora sono dello Stato italiano; l'Archivio di Stato, una miniera infinita di documenti che riportano alla Modena capitale del ducato; l'Accademia Nazionale di Lettere Scienze ed Arti, fornita della più preziosa biblioteca dopo quella dell'Estense; l'Archivio Capitolare, con la sua raccolta di manoscritti di importanza mondiale; l'Archivio storico comunale, uno dei più ricchi e meglio conservati d'Italia; la Fondazione Collegio San Carlo, sede originaria dell'università; la Deputazione di Storia Patria, ospitata presso quel gioiello che è la Pomposa di Muratori; il Museo del Risorgimento (attualmente senza sede); la galleria e la biblioteca Poletti e di tanti altri istituti che sarebbe troppo lungo elencare. Molti di questi centri sono oggi in uno stato di sofferenza per carenza di fondi, di spazi, di personale. La realizzazione del polo Sant’Agostino, pur nella sua mirabile sfida, rischia di non attenuare ma forse anzi di esaltare le difficoltà. Tralasciamo le riserve, pur autorevolmente espresse, circa la collocazione dei libri nelle torri progettate da Gae Aulenti e gli elevatissimi costi di manutenzione. Quel che comunque si può ragionevolmente paventare è che il generoso sforzo economico (più di 60 milioni di euro) finisca per essere riversato in un trasloco che non allevierà in nulla la cronica mancanza di personale specializzato. A ciò si aggiunga che le biblioteche pubbliche non hanno più fondi per l'acquisto di novità, con sempre maggiore frustrazione degli utenti. Per non parlare dell'impoverimento dei contenuti specialistici di spessore storico nelle nostre università, dove ormai si ritiene superflua una qualificata formazione orientata alla comprensione del passato. Insomma, una volta impiegata una grande massa di denaro nel trasloco, mancheranno le risorse per l'efficienza dei locali di conservazione, il personale bibliotecario continuerà a ridursi e, quel che è peggio, tutti gli altri centri di alta cultura presenti da qualche secolo nella nostra città continueranno a decadere, esclusi dal sostegno pubblico (ormai nullo) e senza alcuna speranza di altre fonti di sussidio privato. Né l'Estense può essere trasformata in un luogo di intrattenimento culturale e informativo sul modello della Delfini: essa dovrebbe piuttosto attrarre studiosi da tutto il mondo, ciò che potrebbe essere incentivato, sulla scia di molte esperienze europee, dalla digitalizzazione del suo patrimonio, per un più immediato accesso da parte della ricerca internazionale. Qui non si tratta di osteggiare una scelta fortemente voluta dall'Amministrazione comunale uscente e dalla Fondazione Cassa. Quel che ci si augura è che la prossima giunta voglia aprire con i cittadini un dibattito per capire insieme quale potrà essere il futuro della cultura a Modena, quale il migliore impiego delle risorse, quale visione unitaria per la fitta rete di centri culturali, riconoscendo alla città la sua identità complessa e stratificata, bisognevole di attenzioni e competenze di lunga durata».