Gazzetta di Modena

Modena

“Clôture de l’amour” in scena l’ascolto e l’accettazione

di Chiara Bazzani
“Clôture de l’amour” in scena l’ascolto e l’accettazione

Anna Della Rosa spiega il lavoro di Rambert che interpreta con Luca Lazzareschi «Quasi un esperimento psicofisico, un testo complesso articolato su vari piani»

22 aprile 2014
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MODENA. “Clôture de l’amour. Fine di un amore” di Pascal Rambert, torna al Teatro delle Passioni, da stasera al 27 aprile. Con questo lavoro Rambert gioca su un elemento primario, la lingua; la lingua che scappa, che fugge, che si ripete e che racconta la violenza della fine di una relazione.

Ospitato a VIE Festival nel 2012, Ert ha prodotto, nell’autunno dello stesso anno, la versione italiana dello spettacolo, scegliendo come protagonisti due tra i più apprezzati interpreti della scena teatrale nazionale, Anna Della Rosa, impegnata recentemente nel film Premio Oscar “La grande bellezza”, e Luca Lazzareschi, nel pieno della sua carriera artistica. Il 20 e 21 maggio, verrà proposta al pubblico modenese la versione croata dello spettacolo, “Love’s End” prodotta dallo Zagreb Youth Theatre.

Anna, lo spettacolo è un grande dialogo tra i due personaggi in scena, ma accade qualcosa di molto particolare...

«Sì, in effetti la peculiarità di questo spettacolo è che non ha una struttura consueta. È un dialogo anche se non sembra perché prima parla Luca per 50 minuti, poi io rispondo per altri 50 minuti. Per me è stata un'esperienza straordinaria, come un esperimento psicofisico molto affascinante. È forse una delle parti più belle, dal mio punto di vista, che possano capitare a un attore. Pascal diceva che bisognava stare lì, ascoltare, guardare negli occhi e rispondere. Che uno forse può pensare sia una sciocchezza, invece è l'essenza, forse, del fare teatro, ed è molto difficile, perché alla fine non c'è niente al di fuori del tuo corpo e di quello del tuo compagno, e delle parole. Un lavoro che richiede una concentrazione enorme».

Ci sono due elementi, l'ascolto e l'accettazione che emergono in questo spettacolo. Sono aspetti che spesso mancano nelle relazioni?

«Sicuramente ascoltare è un'esperienza che si fa di rado. Viviamo effettivamente in un'epoca che non solo ascolta poco, ma anche che poco articola il pensiero. In fondo si parla poco e male, anche nelle conversazioni abituali, e lo dico in prima persona. Per quanto riguarda l'accettazione, penso che nella vita, forse, ci sono momenti in cui si può trarre forza solo dall'accettare. Questo è un tema che il mio personaggio assume con grande forza e maturità. Penso sia un senso anche molto tragico della vita, nel senso della tragedia antica, di accettare il proprio destino».

Il testo è molto denso con riflessioni sul linguaggio?

«Questo è un testo molto complesso soprattutto per i diversi piani che attraversa, dove si mescolano mondi molto diversi tra loro, è un testo intellettuale che però arriva in maniera molto emozionale. Si passa dal mito di Orfeo ai telefonini; c'è una riflessione sul linguaggio, cosa succede quando una relazione finisce, quando si perde tutto quel lessico familiare che costituiva l'unione di due persone».

Riguardo a “La grande bellezza”, che esperienza è stata?

«Stupenda! Pur avendo io fatto una piccola parte, sono molto orgogliosa di questo Oscar, anche come italiana. Sorrentino è un regista estremamente meticoloso, ma con una grande calma e senso dell'umorismo. Non ho mai sentito minimante stress o preoccupazione, ma ho sempre lavorato in un clima di grande familiarità, pur percependo molto chiaramente di essere all'interno di un'eccellenza».

Le sue scene sono soprattutto con Carlo Verdone. Com'è stato lavorare con lui?

«Carlo è stato un compagno di lavoro magnifico, ha reso il mio lavoro semplice perchè è anche molto disponibile, mi aiutava. Fin dal primo momento mi ha accolto con grande gentilezza e simpatia, è irresistibile. Sono stata molto felice quando abbiamo vinto».