Gazzetta di Modena

Modena

Una foto una storia/«Ogni foto mi mette alla prova»

di Laura Solieri
Una foto una storia/«Ogni foto mi mette alla prova»

La carpigiana Caterina Magni e la passione per lo scatto scoperta con una vecchia Pentax di famiglia

22 aprile 2014
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CARPI. «In casa avevamo una vecchia Pentax a rullino con ottiche intercambiabili. Mi affascinava la custodia di pelle sciupata dall'usura e il suono della levetta per l'avanzamento manuale dello scatto. Quando andavamo in vacanza, guardavo mio padre inserire il rullino accuratamente e con altrettanta premura estrarlo al riparo dalla luce per non bruciare la pellicola. All'età di 17 anni c'è stato il passaggio del testimone. La Pentax era mia!»

Carpigiana di nascita, trapiantata all'estero a volte con il pensiero ma legatissima alla sua città, Caterina Magni, 34 anni, una grande passione per la fotografia nata durante gli anni dell'università, lavora nelle scuole, prima come educatrice di ragazzi diversamente abili, poi come insegnante elementare.

«Mi sono laureata in Lettere Moderne a Bologna nel 2005. Durante il percorso universitario è nata la passione e la pratica per l'immagine fotografica e video. Dopo la laurea - racconta Caterina mostrandoci i suoi bellissimi scatti - ho frequentato un corso di video ripresa e montaggio all'Accademia Nazionale del Cinema di Bologna, integrandolo con un corso di sceneggiatura tenuto da una docente della Scuola di scrittura Holden di Torino. Con il tempo, però, lavorando sia con le immagini in movimento che con l'istantanea, ho sentito crescere dentro un impatto emotivo differente, che mi ha spinto ad avvicinarmi sempre di più alla seconda».

Caterina racconta che la cosa che da subito l'ha conquistata è stata la sensazione di libertà che si prova nella selezione consapevole della casualità attraverso la fotografia.

«All'inizio c'era la convinzione basata sul concetto che non avrei perduto nessuno se solo lo avessi fotografato abbastanza, poi è cresciuta dentro me la voglia di andare oltre la memoria fotografica. E così la fotografia è diventata pian piano un veicolo per esprimere un concetto, per rimettermi in gioco e provare a rompere schemi interni. Mi piace l'immagine evocativa, che, senza il privilegio di essere diretta, arriva perché è capace di trasmettere un'emozione che in ognuno può essere diversa».

«A parità di forma preferisco il contenuto - prosegue Caterina - ma se al pensiero si aggiunge anche la forma allora arriva l'arte». Per Caterina scattare una foto è come un veloce lavoro di archeologia mentale, di scoperta di quello che è nascosto e che viene alla luce per poi arrivare a capirne il linguaggio, e la magia sta nel trovare la coincidenza con lo scatto mentale che diventa immagine reale.

«Amo i paesaggi emiliani, desolati, annebbiati, perduti e conosciuti, sempre malinconici. Amo i volti strani, quelli dove il tempo ha lasciato un'impronta e quelli giovani, freschi, che guardano fisso l'obiettivo senza paura, come quello dei bambini, come quello di mia figlia che da quando è nata è stata una dolce fonte d'ispirazione».

Gli ingredienti per fare la foto perfetta? «Luce, sensibilità, fortuna - spiega convinta - nell'era del digitale e della post-produzione credo che si debba accogliere il progresso e lasciare andare il sentimento romantico che ci lega alla pellicola».

«Anche un'immagine digitale se lavorata con la giusta dose di intelligenza artistica, può essere “opera” con la stessa dignità di una foto sviluppata in camera oscura».

«Da alcuni anni - conclude Caterina - lavoro facendo matrimoni ed eventi e in questi mi piace dare l'impronta da reportage. Prediligo sempre la foto spontanea ma non escludo la foto di posa che con le luci giuste è altrettanto di valore».