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PAPA GIOVANNI PAOLO II»IL RITRATTO

di ORAZIO LA ROCCA
PAPA GIOVANNI PAOLO II»IL RITRATTO

di ORAZIO LA ROCCA Giovanni Paolo II, il papa dei record. Il pontefice «venuto da un paese lontano» – così si autodefinisce la sera dell’elezione, il 16 ottobre 1978, quando si presenta per la prima...

23 aprile 2014
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di ORAZIO LA ROCCA

Giovanni Paolo II, il papa dei record. Il pontefice «venuto da un paese lontano» – così si autodefinisce la sera dell’elezione, il 16 ottobre 1978, quando si presenta per la prima volta in pubblico dalla Loggia della Benedizione della basilica di San Pietro – che in circa 27 anni mette a punto una serie quasi infinita di gesti profetici che traghetteranno la Chiesa verso il Terzo Millennio, aprendola definitivamente al mondo contemporaneo.

Rottura con la tradizione. Un’opera pastorale svolta in ideale continuità con la “rivoluzione” conciliare avviata da Giovanni XXIII, col quale il 27 aprile condivide l’ascesa agli onori degli altari col titolo di santo. In verità, quella calda sera d’ottobre – subito dopo l’esito del voto del Conclave che lo aveva eletto 263esimo successore di San Pietro, prendendo il posto di Giovanni Paolo I, il papa dei 33 giorni – Wojtyla parla con un italiano incerto, condizionato dal suo forte naturale accento polacco. Rompendo il tradizionale protocollo che per secoli aveva imposto ai pontefici eletti di limitarsi alla sola benedizione della folla, senza dire nulla, il papa polacco compie subito un primo piccolo grande gesto di rottura e di rinnovamento, parlando come un vecchio amico alla folla festante radunata in piazza e a quanti lo seguono dalla tv. Subito si presenta come vescovo di Roma (la stessa cosa farà papa Francesco il 13 marzo scorso) spiegando, tra l’altro, che «vengo di un paese lontano... se mi sbaglio mi corrigerete!», con evidente riferimento alla scarsa dimestichezza che ha con la lingua italiana, handicap che supererà rapidamente.

Ex operaio. Ultimo di tre figli, Karol Wojtyla nasce a Wadowice (Polonia), il 18 maggio 1920. A 9 anni perde la madre. Il padre è un ufficiale dell’esercito asburgico. Durante l’infanzia è chiamato con l’appellativo Lolek (Carletto). Vive in stretto rapporto con la comunità ebraica, nella quale avrà amici fraterni che incontrerà anche a Roma dopo l’elezione papale. Si laurea all’università di Cracovia, dove durante la guerra per mantenersi agli studi lavora come operaio nella fabbrica chimica Solvay. Sfugge per miracolo alla deportazione nazista. Nel 1944 entra in seminario. Due anni dopo è ordinato prete e inviato a Roma a studiare alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (futura Angelicum) dove si laurea in teologia. Torna in Polonia e, dopo un’esperienza in parrocchia, insegna etica alle università Jaghellonica e di Lublino. Nel 1958 Paolo VI lo nomina vescovo ausiliare di Cracovia e poi arcivescovo titolare. In questa veste partecipa al Concilio. La nomina cardinalizia è del 1967.

Papa prolifico. In 27 anni di pontificato – il terzo per durata nella storia della Chiesa, dietro solo a San Pietro e a Pio IX – risulta piuttosto problematico elencare in modo completo tutte le sue gesta, i suoi interventi pubblici e privati, raccontarne viaggi, appelli, richiami, encicliche. Nessun papa prima di lui era stato tanto prolifico. In gioventù compone, infatti, poesie, scrive commedie teatrali; recita in teatro e sembra che sia stato anche fidanzato. Da prete e da vescovo collabora con periodici diocesani su tematiche dedicate alle famiglie, alla vita di coppia e al mondo del lavoro. Nessun papa prima di Wojtyla aveva vissuto esperienze durissime sotto due dittature, nazismo e comunismo, prove che porterà sempre con sé per additarle come moniti contro qualsiasi forma di oppressione, in difesa dei diritti umani e della libertà, a partire da quella religiosa. Nessun papa prima di Wojtyla era entrato in una Sinagoga dove, in una memorabile prolusione del 1986 definirà gli ebrei «i nostri fratelli maggiori», chiedendo anche perdono per «i peccati commessi contro di loro dai cristiani nei secoli passati».

Lui e le altre religioni. Nessun papa prima di Wojtyla aveva perdonato il suo attentatore – il terrorista turco Alì Agca – che lo aveva ferito gravemente in piazza San Pietro il 13 maggio 1981, andandolo a visitare in carcere. Instancabile la sua voglia di dialogo e di incontro, non solo con i cattolici, ma anche con le altre religioni (come ad Assisi nel 1986 nel primo storico meeting interreligioso), e con i giovani, per i quali “inventerà” le Giornate mondiali della gioventù.

Giovanni Paolo II, dunque, il papa dei record, che – numeri alla mano – danno l’esatta dimensione dell’enorme lavoro svolto dal primo papa non italiano dopo 455 anni, dai tempi di Adriano VI (1522-1523), ma anche il primo venuto da un paese dell’Est, la Polonia, in piena guerra fredda e ben undici anni prima della caduta del Muro. Quattordici le encicliche pubblicate, tra le quali spicca il trittico dedicato ai problemi del lavoro (Sollicitudo rei socialis, Laborem Exercens e Centesimus annus).

Lui e i fedeli. I viaggi internazionali sono stati 105, sempre contrassegnati da grandi bagni di folla; molti di più quelli fatti in Italia e, in particolare, a Roma tra le parrocchie del centro e della periferia. Ma il primo viaggio lo fa pochi giorni dopo l’elezione papale del 1978, ad Assisi per consacrare il pontificato a San Francesco. Da qui l’attribuzione a Wojtyla di “papa globetrotter” o di “papa atleta di Dio”, in ricordo dei viaggi e delle passioni sportive, calcio, canoa, sci, montagna. È record anche in materia di santità: Wojtyla è stato il papa più prolifico con 1.338 beatificazioni e 482 canonizzazioni. Altro merito di Wojtyla, la pubblica ostentazione dei suoi problemi di salute. Malgrado le ferite dell’attentato, ha subìto un intervento per l’asportazione di un tumore benigno, ha convissuto col Parkinson, ha avuto un intervento alla gola che gli impedì di parlare negli ultimi giorni di pontificato, senza mai rinunziare alla guida della Chiesa. La morte arriva la sera del 2 aprile 2005. Ai funerali parteciperanno quasi tutti i capi di Stato davanti a una marea di pellegrini calcolata intorno ai cinque milioni, molti dei quali durante le esequie espongono giganteschi cartelloni con scritto “Santo subito”.

I gesti. Gesti pubblici e personali, profondamente profetici, che hanno segnato tutto il pontificato wojtyliano e che fanno dire allo storico segretario di Giovanni Paolo II, l’attuale cardinale di Cracovia Stanislao Dziwicsz, «posso serenamente testimoniare che ho avuto il privilegio di essere vissuto accanto a un santo». Frase ripetuta dal porporato in tante occasioni, specialmente dopo la beatificazione del 2011 e che non a caso ha ispirato il titolo del libro-intervista “Ho vissuto con un Santo” (Rizzoli editore) scritto con Gian Franco Svidercoschi, ex vice direttore dell’Osservatore Romano e decano dei vaticanisti.

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