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Una foto una storia/ Gigi Ottani: «I miei racconti per immagini» - VIDEO - FOTO

di Laura Solieri
Una foto una storia/ Gigi Ottani: «I miei racconti per immagini» - VIDEO - FOTO

Luigi Ottani: reportage da tutto il mondo «ma le soddisfazioni più grandi a Modena e Sassuolo»

28 aprile 2014
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Oggi la nostra rubrica incontra il fotografo Luigi Ottani, che non ha certo bisogno di tante presentazioni. Autore di numerose mostre e pubblicazioni, i suoi scatti sono stati pubblicati su alcune fra le maggiori testate nazionali e con il volume "Niet Problema!" ha vinto il premio "Bastianelli", riconoscimento al miglior libro fotografico edito nel 2006.

«È paradossalmente più facile fotografare Chernobyl o la Palestina che Modena e Sassuolo» afferma Ottani, noto per alternare le sue ricerche sui microcosmi italiani e locali a racconti fotografici di realtà dimenticate quali Sahel, Saharawi, Bosnia, Cambogia, Sri Lanka, Palestina, Chernobyl, Hunan. «Qui da noi c'è la fobia della privacy che ti fa sentire sempre sotto esame, anche se il tuo approccio è abbastanza silenzioso. Sarà forse il fatto che è più difficile realizzarlo o perché si tratta di un luogo che vedi tutti i giorni a rendere il reportage locale particolarmente stimolante: in questo senso, i libri "Io sono di Braida" fatto a Sassuolo e "Zona tempio" di Modena mi hanno regalato davvero tante soddisfazioni».

Entrambi i volumi sono stati realizzati in un periodo in cui questi quartieri erano al centro di grosse polemiche legate alla forte immigrazione e a fenomeni di delinquenza: «In questi casi - spiega Ottani - l'approccio del fotografo, come quello del giornalista, deve essere il più possibile onesto: è chiaro che chi entra nel quartiere, lo fa con la propria testa, cuore e stato d'animo e quello che salta fuori è sicuramente un racconto in cui esce la personalità e lo stato d'animo del fotografo. Realizzare questi reportage è stata una grande scoperta perché del brutto sei abituato a sentirne parlare tutti i giorni sui giornali, ma del bello non te ne parla nessuno. E così scopri che, ad esempio, Zona Tempio pullula di atelier d'artisti. Il mix di creatività e degrado scoperto in questi quartieri è sorprendente».

Ottani, sfogliando con noi i suoi album, racconta che è stato suo padre, quando lui era piccolo, a insegnarli a usare la macchina fotografica e a fargli provare l'emozione di stampare in camera oscura.

«Lui stampava e io guardavo, però ricordo l'emozione di vedere uscire una stampa in bianco e nero dalle bacinelle! - ricorda il fotografo - A vent’anni ho iniziato ad approfondire tecnicamente la fotografia poi c'è stato passaggio importante della mia vita in cui essa è diventata uno strumento per guardarmi dentro e trasmettere all'esterno quello che trovavo nel mondo. Il tutto è nato da alcuni reportage fatti con l'associazione Rocknowar: da volontario appassionato di fotografia sono diventato il fotografo ufficiale dei viaggi, esperienze in cui ti trovi in silenzio a riflettere e la fotografia ti aiuta a portare a casa le emozioni vissute. Mi sono sempre piaciuti i temi sociali e grazie a questi viaggi mi sono appassionato alla fotografia di reportage e ho iniziato a fare mostre, pubblicazioni, libri».

Ottani ci svela che difficilmente si attacca a una foto ma ce n'è una che tiene in mano mentre ci parla che ha un valore particolare: «Questa è una foto che ho tenuto in casa per un anno, guardandola tutte le mattine e tutte le sere, e mi ricorda più di altre una situazione: è stata scattata nella città fantasma di Chernobyl e raffigura un palo della luce ovviamente senza fili perché la città si è svuotata dopo il disastro nucleare, simbolo della solitudine e dell'abbandono».

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