Kyenge: a noi più fondi per le calamità e il lavoro
L’ex ministro Pd : «L’Europa dovrà capire le esigenze particolari del territorio L’immigrazione va gestita: gli stranieri sono lavoratori e anche imprenditori»
Aumentare i fondi stanziati dall'Europa per aiutare il territori, colpito da terremoto, alluvione e proprio ieri da una nuova tromba d'aria, e per il lavoro, in particolare a favore dei giovani.
A parlare è Cécile Kyenge, ex ministro per l'integrazione nel governo Letta, oggi candidata per il Pd alle elezioni europee. È in Europa che la modenese Kyenge vuole portare le istanze del territorio, affinché si possa parlare di «diritto al lavoro – dice – che significa anche salario minimo garantito, indipendentemente dalle origini delle persone».
Il lavoro è il tema portante della campagna elettorale della Kyenge, che si concentra sul fondo sociale europeo: «Ci sono risorse europee – spiega – che dovremmo utilizzare proprio per creare nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani. I fondi ad oggi stanziati dall'Unione Europee ai diversi paesi ammontano oggi a sei miliardi di euro, quello che chiediamo è di aumentarli fino a 21 miliardi».
E in questo contesto rientrano i territori e le loro esigenze. In particolare per Modena, che ha subito i danni di sisma prima e alluvione dopo. «L'Europa – dice – dovrà capire quali sono le reali esigenze del territorio, quali tipi di calamità e a quali settori è necessario indirizzare le risorse. Perché l'assegnazione dei fondi non è decisa da tecnici, ma dalla partecipazione dei territori».
Fondi che dovranno alimentare la crescita, in cui rientra il migrante, da considerare come risorsa e non più come peso: «Il fenomeno migratorio – prosegue la Kyenge – è una risorsa se gestito e governato bene. Il migrante è prima di tutto un lavoratore. In Italia ci sono 2,3 milioni di lavoratori di origine straniera che producono e versano solo di contributi circa 7 miliardi. Il saldo tra tasse e contributi versati e quello che viene speso è positivo, per circa 1,4 miliardi di euro. E poi il migrante è anche un imprenditore. Sono tante le imprese dirette da imprenditori stranieri, che danno lavoro anche ai cittadini del territorio».
Ma per considerare il migrante una vera risorsa è necessario rivedere la legislazione. «Oggi – spiega la Kyenge – il permesso di soggiorno è legato al lavoro, è un passaggio su cui riflettere. Perché in questo periodo di crisi perdere il lavoro per un migrante significa, dopo un anno, diventare clandestino e quindi soggetto pericoloso. Mentre sarebbe necessario dare corso ad un progetto di immigrazione».
E se sei donna immigrata, allora la fatica è doppia. «La fase in cui si registra la percentuale più alta discriminazione di genere – aggiunge la Kyenge – è quella dell'accesso al lavoro. Poi c'è la disparità salariale, che è ancora peggiore per ciò che riguarda gli stranieri. Una donna migrante dunque subisce una doppia discriminazione, in quanto donna e in quanto straniera». (1, continua)