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A Mirandola in migliaia per i monumenti feriti - FOTO/1 - FOTO/2 - FOTO/3

di Stefano Luppi
A Mirandola in migliaia per i monumenti feriti - FOTO/1 - FOTO/2 - FOTO/3

La giornata di Italia Nostra è stata un’occasione per discutere della ricostruzione Settis: «Rifare esattamente come prima». Il sindaco: «Serve un altro miliardo»

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MIRANDOLA. Migliaia di persone, cittadini comuni, storici dell'arte, amministratori e funzionari delle soprintendenze, tutti in fila lungo il centro storico di Mirandola per vedere i monumenti “sfregiati” dal sisma di due anni fa. Ieri si è svolta, un anno dopo la giornata simile organizzata a l'Aquila da Italia Nostra, la giornata “Mirandola 4 maggio: com'era, dov'era” utile a fare il punto sulla situazione della ricostruzione nella Città dei Pico. Nei mesi passati - ma è accaduto un po' ovunque nei comuni colpiti - ci sono state polemiche perché gli storici dell'arte dell'associazione Italia Nostra premono per ricostruire esattamente ogni monumento com'era, mentre il Comune ricorda che tutto deve anche essere a norma per la sicurezza di questi territorio che tristemente abbiamo scoperto essere sismici. In mezzo stanno Direzione regionale e Soprintendenza che hanno il mandato di tutelare i beni storici evitando soprusi. Tutto ciò è stato spiegato dai protagonisti alle persone in corteo, con il sindaco Maino Benatti che ha chiesto per tutti i Comuni del cantiere: «Un altro miliardo utile alla ricostruzione delle opere pubbliche. Abbiamo 400 edifici lesionati in centro e aperto oltre 200 cantieri, ricostruiamo dov'era ma in piena sicurezza perché siamo zona sismica». Alla giornata era presente Salvatore Settis, noto difensore della ricostruzione dei monumenti esattamente com'erano: «Se non ricostruiamo tutto com'era - ha spiega in un audio lo studioso e editorialista di Repubblica - corriamo rischi di perdere memoria dei nostri beni identitari. Nel terremoto di Messina del 1908 cadde quasi per intero uno dei principali palazzi storici d'Italia che si chiamava Palazzata: lo ricostruirono completamente diverso da com'era e oggi abbiamo perso il monumento originario. Il terremoto che nel 1996 colpì il Reggiano vide messi in sicurezza da parte della Soprintendenza i monumenti, penso all'alto campanile di Villa Sesso, mentre nel terremoto del 2012 ci si è comportati molto diversamente. Il problema è che in mezzo c'è stata l'Aquila, con Berlusconi che ideò le new town, veri e propri ghetti. Penso alla torre di Novi che dopo la prima scossa non era caduta e non è stata messa in sicurezza, tanto che il 29 maggio è definitivamente venuto giù». Il direttore dei beni culturali Carla di Francesco ha fornito i numeri: «Riuniti nell'unità di crisi i nostri funzionari hanno operato dalla prima ora insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri di Tutela patrimonio culturale. Ricordo che fin ora abbiamo controllato 1300 progetti di pronto intervento e messa in sicurezza nei paesi teatro del terremoto, inoltre non abbiamo perso opere perché sono tutte a Sassuolo nel centro di restauro di Palazzo Ducale. Gli archivi presto andranno a Vignola mentre altre conquiste sono state la georeferenziazione di tutti i monumenti. Il sisma ha danneggiato 482 chiese, 45 parzialmente crollate e 11 considerate crollate. La ricostruzione del singolo bene potrà avvicinarsi a com'era in precedenza, ma non sarà mai esattamente com'era prima e il dibattito rischia di essere sterile».