Gazzetta di Modena

Modena

Sposta flaconi tossici abbandonati sta male e fa causa al Policlinico

di Carlo Gregori
Sposta flaconi tossici abbandonati sta male e fa causa al Policlinico

Due anni fa la guardia giurata trovò le boccette contenenti stirolo lasciate su una panchina dell’atrio Tempo dopo ebbe un’invalidità che la portò allo strabismo: ora chiede 350mila euro di risarcimento

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La guardia giurata, una donna modenese, racconta di aver sollevato uno scatolone su una panchina dell’atrio del Policlinico lasciata vicino a dei bambini. Conteneva flaconi da laboratorio che esalavano un odore forte. Appena sollevata la scatola, riferisce, è stata male. Mesi dopo la sua situazione si è aggravata e alla fine di numerosi accertamenti i medici hanno diagnosticato un forte strabismo convergente che potrebbe essere dovuto a una invalidità causata da quella sostanza. Invalidità confermata da accertamento medico legale. La sostanza in questione è “stirene monomero”, una variante dello stirolo, sostanza tossica per l’uomo importante per la creazione di prodotti chimici come il polistirolo. Per questo, a distanza di due anni e mezzo dai fatti lamentati, la donna - B.R.S.- tramite il suo legale, avvocato Mario Marchiò, ha avviato una causa civile contro la Direzione generale del Policlinico e chiede un risarcimento di 350mila euro per i danni subiti. È un mistero totale, quello dei flaconi tossici nel cartone: il Policlinico infatti replica di non avere mai avuto in uso quella sostanza. II fatto sarebbe avvenuto il 17 maggio 2011. La guardia giurata, una donna apparentemente in salute, era in servizio presso il Policlinico quando sulla panchina dell’atrio nota la scatola con alcuni flaconi che hanno dei tappi a vite in alcuni casi già aperti. Sia perché c’erano dei bambini sia per sicurezza, decide di spostare tutto in presenza di una collega. Ma appena solleva la scatola, ecco che sta male: fastidio alla gola, bruciori, irritazione agli occhi, senso di gonfiore del viso, difficoltà a respirare. Poco dopo l’allarme, arriva un infermiere con mascherina e guanti; con un carrellino porta via tutto. Il malore resta e solo in febbraio i medici della Neurologia di Baggiovara le diagnosticano uno “spasmo di convergenza oculare” che richiede visite e riabilitazione. La donna lamenta un grave danno neuromuscolare all’occhio e difficoltà visive che possono pregiudicare il lavoro che prevede l’uso dell’arma da fuoco. E, attraverso l’avvocato Marchiò, punta il dito contro la Direzione generale del Policlinico (allora Stefano Cencetti) per «colposa omissione di vigilanza nella conservazione di sostanze pericolose per la salute». Replica il Policlinico: «La sostanza che avrebbe causato i lamentati problemi, secondo la denuncia della signora, “stirolo monomero puro fuso”, non risulta mai essere stata ordinata, acquistata o acquisita a nessun titolo dal Policlinico, né risulta essere utilizzata in alcun modo. Va poi aggiunto che in casi di reperimento di materiali di provenienza ignota, come quello raccontato dalla signora, esiste una prassi ben precisa che prevede una serie di misure cautelative e di sicurezza, volte a garantire l’incolumità delle persone presenti all’interno della struttura e degli addetti alla vigilanza, attraverso la attivazione di operatori esperti. Da una prima ricostruzione, ma questo andrà meticolosamente verificato, non risulta che la procedura sia stata rispettata dalla signora. Rispetto invece alle richieste di risarcimento, il Policlinico sta lavorando per ricostruire quanto accaduto tre anni fa». Resta insomma il mistero di quella sostanza nei flaconi, lo stirolo: se il racconto è autentico e se il Policlinico no lo usa, chi può averlo dimenticato nell’atrio?