Gazzetta di Modena

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A Nonantola un gioiello del Graziosi

di Patrizia Cantusci
A Nonantola un gioiello del Graziosi

Donate all’abbazia diciannove lastre per acquaforte sul tema della Via Crucis

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NONANTOLA. «Mentre guardavo l'opera del Maestro provavo quasi un senso di angoscia». Esordisce così Emilio Ballestri, editore di stamperia d'arte con studio a Vignola, facendo riferimento al senso di rispetto di chi sa di avere tra le mani un'opera preziosa da tramutare in materia diversa. E con una rielaborazione di assoluta fedeltà sottintesa: da lastre originali in zinco ad acquaforte. «Graziosi lavorava per l'Accademia di Firenze. Accademia che però gli dava materiali molto scadenti. Mi ha salvato - dice Ballestri - il ritrovamento di una nevicata, un originale suo. Sono partito da lì per capire la sua visione di chiaroscuro».

E così si arriva al nuovo gioiello: stiamo parlando della “Via Crucis”, l'opera di Giuseppe Graziosi che ieri, con una cerimonia commossa, è stata donata all'Abbazia di Nonantola. Si tratta di diciannove acqueforte. Ma perché diciannove, se le stazioni della Via Crucis sono quattordici?

«Il Maestro Graziosi ha inserito scene narrate come da un racconto. Scene che nei vangeli non ci sono. La nostra idea è che abbia voluto dare una sequenza a tutta la passione del Cristo colmandola di passaggi. Per esempio, la camminata verso il luogo della crocifissione. I soldati, il Cristo, il popolo. Queste scene in più fanno da cucitura, per così dire, tra un brano e l'altro del racconto evangelico. Altro esempio. Ha immaginato che le cadute di Gesù siano state quattro invece che tre, mentre, caricato della croce, saliva sul Golgota. Il fatto è - aggiunge con un sorriso - che l'autore non c'era e io non potevo sapere come avrebbe voluto la trasposizione dell'opera che aveva fatto su lastra».

Nato a Savignano sul Panaro nel 1879, Graziosi è morto a Firenze il 2 luglio del 1942. Scultore, docente all'Accademia di Belle Arti di Milano, Graziosi ha segnato un'epoca. E ne fa ricordo il Vicario generale dell'Abbazia, don Giacomo Morandi, il quale, affiancato da Simona Roversi dell'Ufficio beni Culturali, accoglie la consegna di Ballestri delle diciannove stampe. Stampe che ora saranno fruibili dal pubblico anche grazie a visite guidate che saranno presto organizzate, come in qualche modo anticipa don Morandi.

«Dono prezioso. Si tratta di un gioiello che sarà sapientemente valorizzato, anche per il suo significato spirituale. Avrà un luogo prestigioso, come merita ogni opera importante. La sua presenza in Abbazia non ne è che l'inizio» dice. E Don Morandi intanto, per ringraziare gli eredi fiorentini di Graziosi e per omaggiare lo stesso Ballestri, dona ad entrambi un diploma che attesta la gratitudine dell'arcivescovo. Poi ancora dettagli curiosi nel narrato.

«Quando gli eredi dell'artista mi telefonarono per avvertirmi dell'esistenza di uno scatolone che conteneva bozzetti e lavori vari di Graziosi - ricorda lo stampatore - io partii per Firenze con emozione. Quando aprii la scatola mi trovai davanti carta scadente, addirittura pezzi di cartone sui quali il maestro aveva lavorato. Infine, la scoperta della lastra di zinco sulla quale si usa acido nitrico solo dopo essere stata trattata con una cera apposita. Era perfetta. Io mi sono limitato a inchiostrarla e a pulirla».

Dalla lastra contenente le diciannove stazioni della passione alla stampa delle acqueforti, il passo è stato pedissequo. E oggi le “tavole” sono lì, nell'Abbazia nonantolana, dono di generosi eredi fiorentini alla città. Mentre, già Modena, con numerose altre città della provincia, si fa avanti per accodarsi nella eventuale disponibilità ad averle in esposizione.

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