Traffico di permessi, 19 a processo
Lavori fittizi per pakistani alla Sanatoria 2009: due hanno già patteggiato
Ventun imputati - un pakistano irreperibile, difeso dall’avvocato Matteo Dorello e per il resto quasi tutti italiani, molti modenesi - sono comparsi ieri mattina davanti al gup per un traffico di falsi attestati di lavoro in Italia che dovevano servire per regolarizzare decine e decine di immigrati clandestini nel corso della Sanatoria 2009. Il giudice ha accolto due patteggiamenti di imputati difesi dall’avvocato Riccardo Pellicciardi, terminati poco dopo con una condanna a un anno di carcere per un ragioniere modenese e a un anno e quattro mesi di carcere per un imprenditore agricolo che aveva finto l’assunzione di due immigrati asiatici. Per tutti gli altri diciannove imputati è stato deciso il rinvio a giudizio fissato al Collegio del tribunale: prima udienza nel febbraio 2015.
La vicenda, molto simile a quella che l’anno scorso fece scalpore nella Bassa e portò ad alcuni arresti, è avvenuta nel corso del periodo di regolarizzazione, come si ricorderà piuttosto complicato e confuso, della Sanatoria 2009 sotto il governo Berlusconi. Il Governo pose come condizioni che chi presentava domanda per il permesso di soggiorno doveva avere un lavoro e non avere invece pendenze giudiziarie come clandestino. Non semplice per tanti clandestini di fatto che volevano “emergere” insieme con i primi beneficiari della legge: le badanti. Così è nata una rete tra Modena e Bologna, dove operava un dottore commercialista (ieri rinviato a giudizio e difeso dall’avvocato Luca Brezigar) con altri esperti di procedure contabili e di regolarizzazione lavorativa che avevano contatti con persone che avevano frequentazione negli ambienti per i permessi di soggiorno.
Questi, nella fattispecie, secondo le indagini dei carabinieri di Modena, avevano come contatto per la comunità pakistana di Carpi - ampia e importante nonchè per loro lucrativa - un faccendiere che reclutava per loro nuovi clienti. Il faccendiere, come detto poi sparito, proponeva a conoscenti connazionali l’iter illegale di per avere un permesso con la sanatoria senza averne alcun titolo e anzi di fatto da clandestini. Così chi decideva di tentare questa strada dava da cinquecento a mille euro a un imprenditore e agricolo o un artigiano o a un imprenditore in cattive acque che fingeva di assumerlo e quindi firmava carte false per farlo apparire suo dipendente. Il traffico è andato avanti coinvolgendo decine e decine di pratiche di regolarizzazioni infondate.