Modena corsa al sindaco 8/ Pellacani: «È il degrado il male da combattere»
«C’è quello urbanistico e quello morale: hanno messo in ginocchio la città con logiche di potere». Il suo nome scelto da Forza Italia, Udc e Fratelli d’Italia
Giuseppe Pellacani è l’uomo che prova a fare sintesi. Lo si vede dalla pacatezza con la quale parla anche di ciò che non va. Non alza mai la voce, ma dice tutto con estrema schiettezza.
Perché si è candidato?
«La scelta nasce principalmente dal desiderio di cambiare modo di fare politica. Sono convinto che il continuo monocolore abbia messo Modena in crisi. E non ne faccio principalmente una questione ideologica, ma proprio di sostanza: settant’anni nello stesso posto non possono che fare male alle idee, ai rapporti, ai risultati. È che questo di cui Modena ha bisogno, prima di ogni altra cosa: novità e freschezza».
Non è un mistero che la scelta sul suo nome sia stata sofferta: non per colpa sua, ma per i partiti che oggi rappresenta, che hanno fatto molta fatica a fare sintesi.
«Infatti penso proprio sia questo il motivo principale del mio coinvolgimento, e onestamente mi ha fatto anche molto piacere: essere soggetto unificante ed elemento di sintesi lo considero un pregio. Sullo stesso piano metto la competenza: la mia formazione, la mia professione di giuslavorista rappresentano un buon punto di partenza dal momento che nei prossimi mesi dovremo sempre più parlare di come uscire da questa crisi e come rilanciare il mondo del lavoro».
Un’anima non politica.
«Vengo dall’Udc, ma non ho mai fatto politica attiva. In questo periodo storico è certamente stato un punto a favore sempre nella logica di rappresentare un mondo più allargato in termini di consenso».
Pellacani. Un cognome che dopo cinque anni torna di moda come candidato nel centrodestra. Pensa che peserà questo aspetto tra gli elettori?
«Cinque anni, in politica, soprattutto in questi tempi, sono un’era geologica, è cambiato tutto. C’è il grande desiderio di continuare una operazione volta a cambiare faccia a questa città. Cinque anni fa non ci sia mo riusciti per un soffio, e anche per qualcosa di diverso da un soffio, ma non voglio riaprire polemiche perché tutti si sono fatti un’idea precisa di quello che accadde alle urne».
Suo papà che cosa le ha detto?
«È stato ben lieto e contento che l’impegno continuasse sotto questa forma. Metterci la faccia per noi è un atto di serietà e di rispetto nei confronti dei cittadini. Con una raccomandazione: se ci si prende un impegno lo si porta avanti fino in fondo. E non è uno scherzo, perché serve un impegno totale, costante. Ma lo sapevo anche prima di accettare questa sfida».
Come pensa di vincerla questa sfida?
«Modena ha una prima emergenza: il degrado. Va eliminato a tutti i livelli: parchi, sistemazione delle strade, zone dedicate ai bambini, ciclabili. È l’idea di città che diamo che prima di tutto crea sicurezza o insicurezza. E oggi Modena è insicura».
Le sue priorità?
«La questione economica penso che sia al centro dei pensieri di tutti. La prima operazione da cercare di fare è attrarre gli investimenti delle imprese, richiamarne da fuori, puntare sui giovani per un progetto complessivo che non deve per forza essere solo economico ma sia economico che sociale, coinvolgendo tutti i soggetti. Anche il turismo, in termini di attrattività, deve essere potenziato».
È una sfida di cui si parla da sempre ma che fino ad oggi non ha portato grandi risultati.
«Il marketing territoriale non è una cosa che si improvvisa o si mette in campo così, tanto per fare. Serve professionalità. E questa va cercata, magari anche fuori dalla città. Serve un manager in grado di partire dall’offerta e di renderla il più possibile fruibile a tutti: mondo del lavoro, imprenditori del commercio, giovani universitari, semplici turisti che magari usano solo internet per decidere le loro mete. Noi siamo indietro su tutto, sia sui grandi temi che sulle cose più semplici, come un sito internet in grado di dare servizi e non di mettere dubbi. Il turismo è industriale, culturale, ludico-gastronomico e non si può improvvisare».
Lei è un uomo di università. Che contributo può dare una buona sinergia con l’ateneo?
«La ricerca è fondamentale se vogliamo parlare del nostro futuro. Dobbiamo pensare ad un villaggio artigiano in chiave moderna che sappia ricondurre all’attualità quello che gli artigiani di una volta facevano nelle botteghe. Ora non servono spazi giganteschi, il villaggio artigiano moderno è una sedia, una scrivania e un computer. Servono piuttosto mezzi, luoghi e risorse per mettere i giovani nelle condizioni di produrre i manufatti dell’era moderna».
Una cosa che le piace di Modena?
«La possibilità di muoversi facilmente. In bicicletta puoi raggiungere diversi angoli della città, incontri gente, ascolti, capisci. Modena è bella così, in questa sua dimensione umana».
Cosa non le piace?
«Ci sono alcune aree, troppe, lasciate in mano a sfaccendati che smarriscono chi vorrebbe fruire di quelle zone. È quel discorso di degrado che avevo messo in cima alla lista delle cose da fare. Il degrado diventa presto anche degrado morale».
Si spieghi.
«Politica ed economia hanno un collegamento ormai sconveniente. Sempre le stesse facce, sempre gli stessi posti, sempre gli stessi incarichi, sempre la stessa provenienza, sempre le stesse spartizioni tra Hera, fondazioni, Camera di Commercio. Con le stesse imprese e le stesse cooperative che vincono i bandi. Le stesse promesse, che sono anche un problema di questa campagna elettorale».
Troppe?
«Mi chiedo con che faccia si promettano certe cose, sapendo bene che il realismo non è quello».
È realistico pensare al ballottaggio?
«Certo che ci arriveremo».
@dvdberti
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