Gazzetta di Modena

Modena

Le ceneri di Alberto Manzini saranno sparse sui monti

di Stefano Totaro
Le ceneri di Alberto Manzini saranno sparse sui monti

Lo scialpinista 49enne precipitato e morto in Valfurva: oggi il probabile rientro a Modena della salma Secondo la sua volontà sarà cremato. Un parente: «Era espertissimo, ma è successo l’imponderabile»

26 maggio 2014
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Il legame profondo con la sua montagna non verrà spezzato nemmeno dalla sua terribile tragedia. Le sue ceneri verranno sparse sui monti dopo la cremazione. Torneranno forse proprio su quell’Appennino dove per anni ha insegnato, ha fatto da guida, dove ha svelato e fatto imparare i segreti più sconosciuti di quella specialità che, in un momento imprevedibile ed imponderabile, gli è stata fatale in Valfurva, in provincia di Sondrio, una escursione da cui non è tornato. Quello scialpinismo di cui Alberto Manzini, 49 anni, aveva fatto passione, un’arte che ha insegnato a tanti ragazzi che vedeva allenarsi, che portava in escursioni con lui e che poi “recensiva” con un bonario ma consapevole «ora siete bravi, sapete tutto, mi avete già superato, non avete più bisogno di me». Eppure, come racconta un suo parente pure lui esperto di scialpinismo, Alberto, “l’alpinista di pianura” come lo chiamava bonariamente, «era il più esperto di tutti. Se si usciva con lui per una escursione si poteva stare tranquilli che ogni precauzione veniva presa ed era il frutto non solo dell’esperienza accumulata negli anni ma anche di un attento esame della situazione, della zona, prima e durante l’escursione». A quella maledetta escursione in Valfurva, nella zona della parete nord del Monte Pasquale, a 3200 metri di quota dove anche esserci lui: «Alberto mi aveva invitato ma per vari motivi questa volta avevo declinato l’invito. Con lui due amici del Cai di Modena, un po’ di più giovani di lui. Avevano tutto, oltre all’equipaggiamento in super regola, c’erano i cellulari e l’Arva, la trasmittente con cui comunicare in caso di necessità. Da quanto mi hanno raccontato avevano raggiunto il rifugio Pizzini, dove avevano bivaccato poi nel pomeriggio di sabato hanno iniziato la discesa con gli sci. Alberto è scivolato non in un burrone, ma in un cosiddetto “canalino”, una specie di tunnel ripido. Quando ci scivola dentro si acquista velocità in un pochissimo tempo e non ci sono picozze o altri attrezzi per bloccarsi, solo i bastoncini da sci, l e maniglie dei bastoncini. I suoi amici hanno dato subito l’allarme con la radio. Hanno provato a raggiungerlo più in basso, a circa 500metri sotto, ma non hanno potuto arrivarci . I soccorsi l’hanno recuperato. Nell’ambiente della montagna modenese, e non solo, dal Cai ai semplici appassionati, la notizia della scomparsa di Manzini ha lasciato tutti sbigottiti, increduli. Perché se ne è andato il loro “campione”, un punto di riferimento dello scialpinismo, uno degli organizzatori della Coppa Appennino.

«Quando si scende- spiega ancora il parente- sappiamo che bisogna stare attentissimi. Il terreno cambia pezzetto per pezzetto, a seconda della temperatura, dell’esposizione, della composizione. Per questo si scende con la massima allerta e prudenza. Un po’ come guidare o attraversare la strada. E c’è sempre l’imponderabile, l’imprevedibile». Dopo il recupero il corpo dello scialpinista modenese è stato portato avalle e si trova attualmente presso l’istituto di medicina legale dell’ospedale di Bormio. Qui ieri si sono recati la moglie Barbara assieme al fratello e alla sorella di Alberto. Oggi, con ogni propobabilità, la salma ritornerà a Modena: i famigliari sperano si svolgere la cerimonia funebre e la cremazione già nella giornata di domani.

Il 49enne, dipendente Fiat, Alberto Manzini abitava con la moglie Barbara e i figli Giulia e Matteo in via Mascagni. Famiglia di sportivi ( lui ha praticato anche il volley per anni). La figlia Giulia gioca nella squadra di pallavolo under 14 della Liu.Jo, mentre il figlio Matteo, bravo palleggiatore, gioca ne Il Torrazzo, in serie C, dopo essere cresciuto alla Modena Volley Punto Zero.