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Guerra della piadina Crm vince ricorso sul disciplinare Igp

Guerra della piadina Crm vince ricorso sul disciplinare Igp

Il Tar del Lazio ha riconosciuto i motivi di opposizione alle regole stabilite per ottenere l’indicazione di origine

29 maggio 2014
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Passa da Modena, dall'azienda Crm, la guerra della piadina romagnola. All'ombra della Ghirlandina, infatti, è partito il ricorso al Tar per contestare il disciplinare necessario per ottenere l'indicazione di origine protetta (Igp), pubblicato il 21 maggio scorso sulla Gazzetta ufficiale europea. Il ricorso è stato accolto, decretando la vittoria dell'azienda alimentare di via del Mercato a Modena. Ma vincere una battaglia non significa avere vinto la guerra. Perché gli industriali riuniti nel Consorzio di promozione della piadina romagnola non si arrendono e passano al contrattacco, annunciando di fare ricorso al Consiglio di Stato. Dall’altra parte, con posizioni che in qualche modo sono assimilabili a quelle di Crm, si collocano anche i chioschi artigianali spalleggiati da alcune associazioni come Confesercenti e Slow Food.

Ma facciamo qualche passo indietro. Pochi giorni prima della pubblicazione, il 15 maggio scorso, una sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio aveva dato ragione alla Crm di Modena, azienda attiva nella produzione di piadine, che contestava il disciplinare, vale a dire l’insieme di tutte le regole da rispettare per rientrare nell’ambito della produzione riconosciuta Igp. Ma l'industria del Consorzio di promozione della piadina romagnola non è dello stesso avviso. Tanto da sostenere che la sentenza del Tar del Lazio sia «frutto – dice il Consorzio – di un'errata interpretazione dei fatti e delle normative comunitarie e contraria alla giurisprudenza del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia Europea».

Con queste motivazioni il Consorzio è pronto a presentare appello al Consiglio di Stato e, attaccando il fronte Confesercenti-Slow food, sostiene che la Crm di Modena è «una impresa che produce piadina, e non è certo una “piccola azienda” come riportato da alcuni organi di stampa» in più con l’aggravante, rispetto alle industrie romagnole, di essere modenese e non romagnola.

Per le imprese consorziate, dunque, è in malafede chi sostiene che il disciplinare proposto sia a vantaggio solo delle grandi industrie.

«Infatti – prosegue il Consorzio – basterebbe leggerlo per rendersi conto che non vi è nulla di industriale, ma anzi è prevista una specifica ulteriore denominazione riguardo la “lavorazione manuale tradizionale” a uso esclusivo dei chioschi che realizzano manualmente la piadina romagnola».

Per il Consorzio chi vuole strumentalizzare la vicenda non comprende «che senza il riconoscimento Igp della Piadina, chiunque in giro per il mondo può registrare e utilizzare tale nome per qualsiasi prodotto, realizzato come meglio crede, e commercializzarlo, anche in Romagna, avendo un indebito profitto dallo sfruttamento della fama e del prestigio della vera piadina».

Poi l'affondo: «L'Associazione per la valorizzazione della Piadina romagnola e Confesercenti Cesena rappresentano solo 14 chioschi di Cesena e non tutti gli altri 2mila».