Gazzetta di Modena

Modena

Lavori per Telecom con furto

Spilamberto. Gli 11 dipendenti della Pbm rubavano cavi di rame per rivenderli

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SPILAMBERTO. Tredici persone sono state rinviate a giudizio con l’accusa di appropriazione indebita di cavi di rame della Telecom. La decisione del giudice arriva al termine delle indagini condotte dalla Polfer dell’Emilia Romagna, che da tempo si occupava di prevenire o scovare i furti di “oro rosso” sulle linee ferroviarie.

Tra gli indagati ci sono anche 11 dipendenti della ditta Pbm Impianti, un dipendente Telecom, rinviato a giudizio anche per reato di simulazione di reato, ed il titolare di una ditta di recupero rottami metallici di Bologna, che dovrà rispondere di ricettazione continuata. L’inchiesta era nata durante i controlli di routine alle aziende che si occupano di recupero di materiale ferroso che la Polfer fa per contrastare il mercato illecito di rame rubato in sede ferroviaria.

L’indagine, coordinata dalla Procura di Bologna, nacque infatti da un controllo amministrativo nei confronti di una ditta di recupero che mise in luce diverse irregolarità nella tenuta della documentazione amministrativa. Irregolarità dalla quale poi si è risaliti alle responsabilità degli indagati.

In particolare, spiega la Polfer, l’attività delittuosa era condotta da undici dipendenti della ditta Pbm di Spilamberto, che eseguiva lavori di manutenzione degli impianti elettrici per conto di Telecom Italia. All’insaputa dei titolari, ed in accordo con due dipendenti Telecom, che avevano il compito di sovrintendere i lavori, gli 11 si sono appropriati dei cavi di rame e altri metalli ferrosi rivendendoli allìazienda Ferriani Lamberto di Bologna. Un meccanismo ormai oliato e che andava avanti da tempo viste le proporzioni dell’affare, ricostruito passo per passo dall’autorità giudiziaria.

L' importo complessivo ricevuto in contanti dagli indagati è infatti stato, per quanto accertato dall’inchiesta, di 209.599 euro, per una serie di conferimenti all’azienda di recupero rottami per un totale di 72.325 chilogrammi di rame e ferro, nel periodo che va dal 2006 al 2008.

L’attività delittuosa si completava, in alcuni casi, attraverso le false denunce di furto del rame che in realtà veniva venduto all’azienda di rottami, la quale pagava in contanti, rilasciando unicamente una autofattura intestata agli indagati. E proprio attraverso la documentazione è stato possibile risalire nel dettaglio a tutti i movimenti.